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NOTA BENE: Questo blog è gestito da un niubbo alle prime armi, quindi non incazzatevi se commetto errori. Qualsiasi consiglio è ben accetto e prego che le critiche siano moderate. Ogni insulto verrà punito da uno squadrone di gnomi verdi, pena commutabile in ban

BLOGGER SOTTO ESAMI
Il blogger ha gli esami, l'attività del blog è dunque sospesa e riprenderà regolarmente non prima di ottobre. Sperando che il blogger li passi...

mercoledì 21 dicembre 2011

Regole di buon posting

Come sapete, io, Notturno, sono un blogger alle prime armi, dotato di scarsissima esperienza e ben poco talento (insomma, un niubbo irrecuperabile). Poiché però ne sono consapevole, so di non poter scrivere a ruota libera tutto ciò che mi passa per la testa, la qualità già bassa di questo blog ne risentirebbe in modo drammatico. Per questo motivo, fin dall'inizio ho cercato di darmi delle regole nello scrivere i miei post allo scopo di cercare di garantire un'accettabile qualità dei contenuti, con la quale spero di compensarne la scarsa quantità.
Navigando nella blogosfera e nel web tutto, tuttavia, mi sono imbattuto con dispiacere in numerosi casi di cattivo posting, con articoli che ignorano le regole (allora) non scritte che io invece mi sforzo di rispettare. Però, infondo, chi sono io per pretendere che altri seguano regole da me stabilite?
Ho deciso allora di mettere per iscritto qui le mie personali regole di buon posting, impegnandomi a rispettarle e scusandomi in anticipo se qualche volta le violerò, ma non pretendo che qualcun altro all'infuori di me siano tenuto a seguirle. Se poi altri blogger vorranno farlo, però, ne sarò lusingato.
Tuttavia, queste regole sono anche il mio metro di giudizio nel valutare un blog. Non mi trattengo quindi dal dare un giudizio positivo o negativo ad un altro blog, per quel poco che la mia opinione può contare, usando queste regole come metro di giudizio e riportando esempi di ciò che considero buono o cattivo posting. Gli interessati non mi ascoltino, se vogliono, la cosa non mi offende. Se invece ne vorranno discutere, lo farò volentieri.

Premetto, innanzitutto, che queste sono regole che non riguardano la forma dei post e la loro frequenza, o in generale lo "stile" del blog che naturalmente dipende esclusivamente dal gusto del blogger, né il rapportarsi del blog con il pubblico e la gestione dei commenti. Sono più che altro regole "etiche", riguardano il comportamento che un autore deve tenere rispetto ai propri contenuti. Ma è difficile spiegare, leggetele e sarà tutto più chiaro.
Alcune di queste regole, inoltre, se non tutte, potrebbero essere applicate anche ad articoli di giornale, pubblicati sul web o sul cartaceo. Per questo motivo porterò anche articoli di giornale come esempio di quando una regola, a mio parere, viene o non viene rispettata.

Ma ecco le regole:

Sincerità: non scrivere per vero ciò che ritieni falso. Questo non vuol dire avere la verità in tasca, errare è umano, ma appunto essere sinceri, prima di tutto con se stessi, in ciò che si scrive. Il che comporta non solo non riportare notizie che si sa essere false spacciandole per vere, ma anche non sostenere opinioni che in realtà non si condivide. Il blog deve essere specchio di ciò che pensa il blogger e non strumento di propaganda.
Di esempi in positivo, ovvero di casi in cui un blog rispetta questa regola, ce ne sono molti. Di esempi in negativo, invece, ci sono i casi di bufala come quello di cui ho parlato nel mio ultimo post. In questo caso però credo che sia stato Libero e non #2Filter a violare questo principio; le colpe di #2Filter sono altre, ne parlerò più sotto.

Irriverenza: non avere timore nel muovere critiche e nel dire ciò che pensi, anche se sai che non verrà apprezzato. Questo vuol dire che un buon blogger non deve farsi problemi nel criticare personaggi (o società, come giornali) che normalmente sono apprezzati dal pubblico del web (e non solo del web), né deve esitare nel criticare personaggi che lui stesso ammira, quando ritiene sbaglino. Inoltre, un blogger non deve temere di esprimere un'opinione contraria a quella dominante, quando la ritiene fondata.
Un esempio in positivo di post che rispetta questa mia regola è forse ogni post della stanza dei bottoni degli Wu Ming, un esempio in negativo potrebbero essere numerosi articoli che compaiono (o non compaiono) su Repubblica in queste ultime settimane: l'essere favorevole al Governo Monti non deve esentare un giornalista (se vale per un blogger a maggior ragione vale per chi scrive su un quotidiano) a muovere critiche.
Ora, mi si potrebbe obiettare che questa mia regola sdogana i vari siti e blog razzisti presenti nella rete. Tuttavia, il razzismo si fonda sull'ignoranza: un razzista non sa di cosa parla, poiché è convinto che esistano delle razze tra gli uomini, e quindi viola il principio di competenza di cui parlo subito qui sotto.

Competenza: non parlare di ciò che non conosci. Ovvero, se non sei sufficientemente competente riguardo ad un argomento, non parlarne o finiresti inevitabilmente con lo scrivere falsità senza volerlo; oppure saresti estremamente superficiale e violeresti la prossima regola.
Esempi in positivo ce ne sono parecchi, esempi in negativo pure, ma in particolare spiccano alcune teorie complottiste, come quelle del "motore a energia infinita" che sarebbe stato inventato da Nikola Tesla (evito di postare un link di esempio perché non voglio contribuire a diffondere queste false notizie, a cui comunque avevo già accennato qui e qui). Chi vi parla il più delle volte ignora i principi base dell'elettromagnetismo.

Completezza: approfondisci l'argomento fino in fondo. Questo vuol dire, appunto, non essere superficiali nel parlare di un argomento, leggere fino in fondo i documenti trovati riguardanti l'argomento trattato (e poi riportati come fonti) e cercarne di nuovi quando è necessario.
Andare a fondo in una questione è difficile per un blogger, più facile per un giornalista. In un blog quindi è consentito postare anche informazioni di seconda mano, come articoli di giornale, purché si legga fino in fondo l'articolo riportato come fonte e non ci si fermi al titolo. Spetterà poi al lettore decidere se considerare o no affidabili le fonti che il post riporta.
Un esempio in negativo di questo è appunto l'articolo di #2Filter di cui ho parlato qui, il cui autore ha letto con superficialità (o forse neppure ha letto) l'articolo insincero ma ambiguo di Libero e ha permesso che la bufala prendesse piede.

Originalità: non dire ciò che han già detto altri. Ovvero, non solo non copiare, ma anche non unirsi al coro: se la pensi esattamente come gli altri, stai zitto, o finiresti con lo scrivere un post identico ad altri già scritti prima del tuo, quindi inutile. Questa naturalmente non è una regola ferrea, se un blogger è convinto di poter scrivere un articolo stupendo su un tema, anche se già più che trattato, faccia pure. Se poi anzi crede di poter approfondire ulteriormente il tema, lo invito a farlo. Ripetere cose già dette e ridette su un argomento, anche se condivisibili, va però evitato perché, appunto, inutile: se lo ha già detto qualcun altro non sprecare energie a ripeterlo, dimmi qualcosa di nuovo.
Un ottimo esempio in positivo, in questo caso, è questo post di Metilparaben riguardante il raid contro il campo Rom a Torino a seguito di un presunto stupro poi rivelatosi mai avvenuto. Nei giorni immediatamente successivi all'avvenimento tutti hanno scritto di quanto fosse stato sbagliato assaltare il campo Rom a seguito di una notizia falsa, Metilparaben invece ha sottolineato che il fatto che lo stupro fosse inventato è un fatto secondario, il rogo "sarebbe stato ugualmente ingiustificabile se la violenza sessuale fosse stata autentica", cosa che invece in pochi avevano già scritto.

Queste regole non sono da intendere come sacre ed inviolabili, sono ammesse piccole eccezioni in modo da non ostacolare la libera espressione della creatività del blogger. Sono soprattutto linee guida che, a mio parere, possono far sì che un blog sia un bel blog.
In quanto autore, mi riservo poi il diritto di apporvi modifiche e aggiunte nel caso la mia mente contorta, oppure qualche lettore attento, mi suggerisca qualche altra regola da rispettare. Nel frattempo però vedo di farmi bastare queste, che già non sono poche.


Ps.
Essendo io un niubbo, non sono sicuro che usare il termine "posting" sia corretto in questo caso. Mi sono dato da fare per informarmi, ma non sono riuscito a trovare un termine più appropriato. Se un mio eventuale lettore fosse a conoscenza di un termine migliore di questo per indicare il pubblicare su blog, se esiste, me lo faccia sapere, per favore. Grazie in anticipo.

domenica 18 dicembre 2011

Smontiamo una bufala: Pisapia e i biglietti gratis ai clandestini

Visto che, per quanto ne so, nessuno lo ha ancora fatto, mi accingo a smontare la bufala secondo cui Pisapia, dopo aver mangiato un paio di bambini, vorrebbe far salire gratis tutti i clandestini sui mezzi pubblici che noi tutti paghiamo con le "nostre" tasse (alzate, come sempre, dai "Komunisti").
Torniamo seri. Un paio di giorni fà mi sono imbattuto in questa notizia pubblicata su #2Filter dal dubbio titolo "Milano, prove tecniche di sinistra: i clandestini viaggiano gratis sui mezzi pubblici". Secondo #2Filter, Sinistra e Libertà avrebbe avanzato la proposta, che poi il sito precisa non essere passata, di far avere agli extracomunitari, anche se clandestini, biglietti gratis sui mezzi ATM. Basta leggere l'articolo per accorgersi che non è minimamente credibile, innanzitutto per la confusione che si fa tra il concetto di "extracomunitario" e quello di "clandestino" (vi ricordo che un Rumeno non è extracomunitario, neanche se clandestino, mentre lo sono uno Svizzero o un Americano), poi per la semplice impossibilità per un controllore di verificare se un passeggero sia o no clandestino: se sei clandestino non hai documenti, quindi non hai un documento che attesti il fatto che tu sei clandestino (a meno che non vogliate dare biglietti gratis a chiunque si presenta senza documenti). Ciononostante, al post su #2Filter seguono commenti su commenti di quanto la Sinistra sia cattiva e odi gli Italiani, più fortunatamente il commento di qualcuno facente notare che la notizia sia poco credibile, appunto una bufala.
Per il momento io mi sono limitato ad accodarmi a quest'ultimi, spiegando perché la notizia non poteva essere vera così come ho fatto qui sopra. Vedendo però che un po' troppi dei contatti facebook di un mio amico ci stanno credendo (non contatti di Notturno: la pagina è ancora vuota) ho deciso di rimboccarmi le maniche e fare uno di quei lavori che gli Italiani non vogliono più fare: controllare le fonti. Non che l'idea mi entusiasmi: le fonti di #2Filter sono (sorpresa sorpresa) Libero e il Giornale. Ho iniziato da uno dei due articoli di Libero, quello dal titolo meno stupido, ma non è stato molto di aiuto. Titolone: "Clandestini gratis sui tram, l'ultima idea di Vendola", pari pari a quello di #2Filter, altrettanto in odore di bufala. Ma può un quotidiano a tiratura nazionale scrivere notizie palesemente false senza rischiare una denuncia per diffamazione? Evitando di rispondere ho letto l'articolo e, che sorpresa, non si parla minimamente di "clandestini gratis sui tram", si accenna solo ad "agevolazioni per tutti, anche per i clandestini", frase ambigua (le stesse agevolazioni per Italiani, stranieri con il permesso di soggiorno e clandestini oppure agevolazioni speciali per chi è in Italia illegalmente?) ma che, visto il titolo, non può che far pensare alla stessa interpretazione data da #2Filter: quel cattivone di Pisapia vuole far viaggiare gratis neri, Zingari e Rumeni (quest'ultimi in realtà non centrano nulla, ma lo sanno tutti che è sempre colpa loro). Proseguendo riluttante la lettura ho poi notato che l'articolo di Libero ha l'indiscutibile pregio di riportare il commento forcaiolo-fascistoide del capogruppo Pdl Carlo Masseroli: ben venga se è "uno strumento di adescamento dei clandestini, così da farli venire allo scoperto e identificarli immediatamente", a cui fa eco un commento simile del leghista Alessandro Morelli; così sperando di trovare altre perle di tal genere ho proseguito al lettura e ecco che ho trovato scritto di "abbonamenti gratis per over 65 con reddito sotto i 16 mila euro (eccola, la parola "gratis"), e per i ragazzi con meno di 26 anni". Ora però il dubbio è ritornato: non potrebbe essere che quel "gratis sui tram" sia in realtà riferito a tutti gli over 65, anche clandestini, e che un giornalista di Libero dotato di scarsa autostima abbia scritto un titolo fazioso sperando che nessuno leggesse l'articolo?
Per saperne di più, ho poi letto l'articolo de il Giornale (sic). Anche in questo caso il titolo non prometteva bene, "sconti Atm ai clandestini, l'ok di Pisapia", mentre il sottotitolo parla di "abbonamenti da riservare agli stranieri irregolari", ma almeno non è usata l'espressione "gratuito". La lettura dell'articolo invece, che ci crediate o no, è risultata illuminante. Il pezzo in realtà è quasi del tutto incentrato su presunti litigi all'interno dell'amministrazione Pisapia, in barba al titolo che suggerisce tutt'altro argomento, tuttavia in tre righe si legge che la proposta è stata avanzata dal consigliere di Sel Luca Gibillini, il quale sostiene la necessità di "estendere ai clandestini la possibilità di abbonarsi ai mezzi", misura "prima di tutto anti-evasione, il Comune perde 40 milioni all'anno per chi viaggia senza biglietto"; questo è infatti il motivo per cui si incentiva l'uso dell'abbonamento, il quale però è nominale e quindi necessita che l'abbonato sia in possesso di un documento di identità, del quale appunto i clandestini sono sprovvisti. La proposta è stata presa in considerazione dal consiglio comunale ed è vista di buon occhio da Pisapia stesso, a quanto si legge, ma è per il momento accantonata poiché presenterebbe difficoltà ad essere applicata.
Quindi, forse abbiamo svelato l'arcano. L'ultima cosa da fare è quindi rintracciare la proposta del signor Gibillini, facilmente trovata nel blog del consigliere stesso. E infatti, ecco qui la pietra dello scandalo: l'invito, intelligente e condivisibile, "ad attivarsi per lo studio di soluzioni tecniche finalizzate a predisporre l’introduzione, da parte di ATM, di titoli di abbonamento ottenibili senza la presentazione di documento di identità valido, ma attraverso forme alternative com la presentazione di domande di permesso di soggiorno, della richiesta di status di rifugiato, attraverso segnalazioni delle associazioni competenti e riconosciute e dichiarazioni spontanee dei datori di lavoro tutelate dal diritto di riservatezza", così da consentire al Comune di recuperare i "mancati introiti derivanti dall'evasione", molti dei quali sono dovuti al fatto "che una parte dei viaggiatori senza titolo ed evasori sono privi di documento di identità e quindi impossibilitati ad accedere alle forme di abbonamento garantite a tutti gli altri cittadini e quindi messi in condizione di spesa inaccessibile per la quotidianità dell’utilizzo dei mezzi pubblici". La conseguenza, piuttosto marginale, è che anche alcuni immigrati clandestini e/o extracomunitari godrebbero degli stessi abbonamenti agevolati (e in alcuni casi gratuiti) di cui godono i cittadini Milanesi. Quindi, maggiore uguaglianza e minore evasione fiscale, non privilegi garantiti ai "clandestini" come l'articolo di #2Filter e i titoli di Libero e il Giornale sembrano affermare.

Perciò, cosa concludiamo da questa bufala smontata?
1) In il Giornale l'articolo e il titolo sono stati scritti da due persone diverse, che neppure si parlano, oppure da una sola ma affetta da forti disturbi di personalità.
2) L'articolo di Libero non è soltanto fazioso, ma anche tanto ambiguo che persino molti dei lettori più fedeli del quotidiano ne escono confusi.
3) L'autore dell'articolo su #2Filter fa parte di questi lettori. In più, suppongo spaesato da una lettura così ostica, egli non solo dimostra di aver esaminato con fretta e superficialità l'articolo di Libero da cui attinge le proprie informazioni, ma anche di essersi fermato al titolo nell'esaminare l'altro articolo postato come fonte, quello de il Giornale. Il che può andare bene quando scrivi il tuo stato di facebook che poi viene letto dai tuoi amici, meno quando scrivi su un sito che vorrebbe fare "informazione". Se questo è sufficiente a minare in modo definitivo la credibilità del sito stesso, lo lascio decidere a voi.
4) La proposta del consigliere Gibillini è ottima e, anche se ora è ferma per comprensibili difficoltà di attuazione, il mio augurio è che possa diventare legge.

Così, cari lettori, concludo questo mio lavoro non retribuito che consiste nello scavare nel fango altrui in cerca di un po' di quella cosa che forse potremmo chiamare "verità". Alla prossima bufala, sperando che la vivisezione di questa vi abbia lasciati soddisfatti.

venerdì 9 dicembre 2011

E ora salutate Pier Grillo da Arcore

Signore e signori, gentilissimi lettori di questo piccolo blog, finalmente è successo, Beppe Grillo si è trovato completamente d'accordo con Berlusconi. Era solo questione di tempo, lo so, i due si somigliano troppo perché ciò non accadesse, ma ora è finalmente giunto il momento. Non ci credete? Ebbene, proprio ieri (lo so, non sono MAI sul pezzo) sul blog di Beppe Grillo è uscito questo post, in cui si attacca con forza e vigore la decisione di obbligare le banche a comunicare l'estratto conto dei clienti al Fisco, allo scopo di poter combattere con più efficacia l'evasione fiscale. Grave crimine, secondo il buon comico genovese, così il Fisco potrà spiare ogni tuo movimento di denaro, potrà addirittura sapere che ti si è rotta una tubatura del bagno e hai dovuto chiamare l'idraulico, oppure che hai portato la macchina dal meccanico. Insomma, saremo in uno stato di polizia tributaria.
Vi ricorda nulla? Intendo, vi ricordano nulla queste parole, "stato di polizia tributaria", che Grillo si guarda bene dall'utilizzare ma che sintetizzano interamente il suo discorso? Aprite pure il link (min 1:25). Avete ascoltato bene cosa ha detto Silvio? Volete davvero dirmi che tra questo e ciò che scrive Grillo ci sono differenze?
No, signori miei, se mai Berlusconi avrà un erede politico, sarà Grillo e non Alfano. Provate a leggere i commenti sotto il post: è questa una larga fetta dell'elettorato grillesco, piccoli imprenditori e artigiani carichi di astio verso lo Stato, la stessa classe sociale che ha permesso l'ascesa di Forza Italia, più qualche complottista di cui ho già chiarito la pericolosità. Ok, perlomeno tra i sostenitori di Grillo non ci sono mafiosi (che io sappia), ma Berlusconi non si esaurisce certo nei suoi rapporti con la mafia e sinceramente di Berlusconi me ne è bastato uno, non voglio il bis.
Del resto, non è la prima volta che Grillo e i suoi sostenitori mostrano di avere opinioni simili a quelle del centrodestra appena finito (almeno, speriamo sia finito). Dopo una breve navigazione nel blog www.beppegrillo.it, visualizzando solo i post degli ultimi due mesi, ecco che trovo pubblicato un commento di un utente (pubblicato dal blog e quindi sostenuto da esso) che esprime sull'Unione Europea idee pressoché identiche a quelle dei Leghisti, aggiungendo poi che "solo il cambio 1euro 2mila lire (circa) è stata una truffa bella e buona", idea già espressa in passato dal Silvio nazionale (per chi ha buona memoria) e facilmente smentibile da chiunque abbia qualche nozione in materia economica (è risaputo che Berlusconi non ne ha, ma questo è un altro discorso); ci sono poi qua e là (per esempio qui) accenni al fatto che il Governo Monti non sia legittimo perché non eletto dal "Popolo", idea tanto cara a Scilipoti e simili (quando dovrebbe essere noto a tutti che il Governo, qualsiasi governo, non è votato dal "Popolo" ma dal Parlamento ed è legittimo se ne ottiene la fiducia). Ho trovato infine questo post complottista-paranoide, scritto dallo stesso Beppe, secondo cui, udite udite, gli Indignados di tutta Europa sono stati creati dai partiti e dalle lobby con lo scopo evidente "di generare confusione e di impedire un'affermazione a livello nazionale del MoVimento 5 Stelle" (vedere per credere), post che forse non c'entrerà con il discorso ma l'ho trovato troppo divertente: non ho resistito, dovevo linkarlo.
Tornando a noi, possiamo insomma dire che Beppe Grillo sia di destra, e non poco, come pure lo è buona parte dei suoi sostenitori. Una destra che ama l'ecologia (e fa bene), non lo nego, ma pur sempre destra. Infondo, non è raro che la destra che non si riconosce nei partiti di destra dominanti si definisca "né di destra né di sinistra": senza dover tirare in ballo il già stra citato "nonno" politico di Beppe, il Guglielmo Giannini del Fronte dell'Uomo Qualunque, si pensi a Mussolini che definiva il Fascismo la "terza via" tra Comunismo e Capitalismo (per poi porsi al soldo degli industriali, ovvio), insomma, "oltre". Si noti che invece di solito la sinistra che non si riconosce nei partiti di sinistra dominanti non rinuncia a definirsi "di sinistra", ma invece accusa di essere di destra quei partiti di sinistra in disaccordo con lei (è il caso dei partiti comunisti degli anni '20, che chiamavano "Social-Fascisti" i Socialisti e gli Anarchici). Sia chiaro, con questo non sto definendo Beppe Grillo fascista ma solo mostrando che è di destra, molto di destra, nonostante lui continui a negarlo.
Però, povero Beppe, alla fine di un intero post di critiche dovrò pur rivalutarlo almeno un poco. Io non sono contro Grillo a priori, lo giudico da quello che dice e da come lo dice e con molto di quello che dice non sono d'accordo, non con tutto però, devo riconoscergli che è stato in grado di condurre anche qualche buona campagna politica e di informazione e ne conduce tutt'ora (in materia ecologica, per esempio, come ho scritto sopra) e con alcune delle sue posizioni non posso che trovarmi d'accordo. Tuttavia non sopporto il "come lo dice" (ed il come è una cosa molto rilevante, la forma È sostanza), ha lo stesso atteggiamento populista che ha portato Berlusconi al successo, si rivolge a (circa) la stessa platea e con gli stessi metodi, vive poi dello stesso culto della personalità e venerazione del capo che hanno nutrito per anni il berlusconismo e sono da sempre sintomo della malattia italiana dell'"Uomo forte", mentre il suo atteggiamento volgare e autodefinito "popolare" è lo stesso di Bossi e Calderoli. Io sono antiberlusconiano, il che vuol dire che sono contro il berlusconismo e non soltanto contro Berlusconi, per questo Grillo non mi piace né può piacermi, finché non cambierà (il che non è da escludere, bisogna riconoscergli la capacità di cambiare, lo ha già fatto in passato, a differenza di Berlusconi che ripete da anni al stessa tiritera sui "Komunisti").
Diversa è la mia opinione riguardo al partito politico da lui sostenuto, il Movimento 5 Stelle (e nessuno mi commenti "il M5S non è un partito è un MoVimento ecc ecc...", già visto, già sentito). Da ciò che ho potuto vedere mi è parso che il Movimento 5 Stelle sia ideologicamente piuttosto variegato e vi siano presenti anche opinioni diverse da quelle di Grillo e diverse tra loro, che coesistono grazie al fatto che i rappresentanti politici del Movimento non hanno ancora dovuto prendere decisioni importanti e difficili e quindi "i nodi non sono ancora venuti al pettine". Questo prima o poi finirà? Suppongo di sì. Ci sono buone possibilità che il Movimento riesca ad entrare in Parlamento dopo la prossima consultazione elettorale (e glielo auguro, condivido alcune sue posizioni e credo che ora come ora la sua presenza possa essere utile al Paese) e ci sono tutte le premesse perché esso continui a crescere nei prossimi anni. Questo però comporterà anche maggiori responsabilità e prima o poi i "vertici" dovranno prendere decisioni che non piaceranno a una parte dell'elettorato. Il partito perderà qualche pezzo e dovrà decidere una propria linea politica per non scomparire. Speriamo che non sia quella dettata da Pier Grillo da Arcore (chi di nomignoli ferisce di nomignolo perisce, mi spiace).

Sono curioso di vedere come il comico e i suoi fan si evolveranno. Per adesso, però, ho deciso di tenere d'occhio Pier Grillo (per quanto mi sarà possibile) e criticarlo per il suo berlusconismo.
Lui non si arrenderà mai (ma gli conviene?). Io neppure.


Ps. Se qualcuno non è d'accordo e vuol commentare, faccia pure, naturalmente, quella scritta sopra è soltanto la mia opinione e sono aperto a critiche. Cercherò di rispondere, anche se non posso assicurarvi che lo farò, dipende da quanto tempo e quanta voglia avrò di farlo (come sapete, non sono un blogger di professione, accontentatevi). Vi chiedo solo di evitare commenti banali, come quelli di chi esalta Grillo senza se e senza ma, poiché sono davvero noiosi e non aggiungono niente al discorso. Naturalmente, agli insulti non risponderò neanche, li cancellerò direttamente (gli gnomi verdi dell'intestazione del blog sono in cassa integrazione).

venerdì 2 dicembre 2011

Musica: serve un consumo consapevole

Ho deciso, in questi giorni comprerò il CD dell'ultimo album di CapaRezza, "Il sogno eretico".
"Ma che notizia", penserete, "è uscito quasi un anno fà, sei un blogger indietro coi tempi, non ti seguiremo più". Lo so, cari lettori, non preoccupatevi, ho già scaricato da tempo l'intero album (cosa che CapaRezza non gradisce, ne sono consapevole), l'ho ascoltato decine di volte, l'ho capito e l'ho imparato quasi tutto a memoria. Sono poi andato al suo concerto, molto scenografico, da vedere (20 euro di biglietto, se non ricordo male, ma spesi bene), e ho anche comprato una maglietta. Però ho deciso che è un album ottimo e voglio averlo su CD originale, quindi per Natale me lo comprerò, anche se costa parecchio (15 euro non sono pochi).
Ma perché vi dico tutto ciò? Perché se non avessi scaricato il CD illegalmente non avrei mai scoperto che è un ottimo album, prima non seguivo Capa e come al solito le canzoni passate alla radio e su Mtv sono tra le meno belle, e quindi non solo CapaRezza e chi lo produce non avrebbero mai visto i miei quindici euro, ma neppure avrebbero incassato i venti di biglietto e i quindici o venti (non ricordo) di maglietta. Per non metterla solo sul lato economico, poi, difficilmente sarei diventato un fan di CapaRezza senza il download illegale da internet e ora non sarei qui a parlarne e a fargli pubblicità. Quindi, alla fin fine, il mio download è stato un bene per Capa e i suoi collaboratori.
A pensarci bene, poi, senza eMule probabilmente non mi sarei mai appassionato di musica e sicuramente le mie conoscenze in materia sarebbero nettamente inferiori a quelle che sono ora, poiché non sarei mai entrato in contatto con gran parte dei pezzi degli artisti che ascolto oggi.
Ma a voi che importa? Niente, in effetti. Meglio se parto dall'inizio. Tempo fà ho letto su Rockol questo articolo che parla del neonato Partito dei Pirati italiano, seguito dall'opinione degli artisti in proposito e dalla replica dei produttori. Non voglio entrate troppo nel merito della discussione, non conosco abbastanza l'iter dell'industria discografica per poterne parlare. Volevo però far notare una cosa di cui spesso non si parla: internet e il download illegale hanno permesso una fruizione della musica impensabile con altri media.
Il canale "tradizionale" attraverso cui oggi più si fa girare la musica è Mtv. Ora, quante volte avete mai sentito su Mtv i Modena City Ramblers, o i Banda Bassotti? Eppure forse sono le migliori rock band della storia della musica italiana, sicuramente tra le migliori attive oggi. Però si potrebbe obiettare che sono gruppi molto "politici", obiezione in realtà infondata poiché entrambi i gruppi hanno fatto anche canzoni non politiche (si prenda, che so, "Remedios la bella" dei Modena City Ramblers oppure "El ultimo ska" dei Banda Bassotti, entrambi pezzi fantastici), ma comunque possibile. Ma allora, avete mai sentito su Mtv i Vallanzaska, per esempio? Eppure sono un'ottima band. Forse lo Ska non va in Italia? Il grande pubblico dei concerti degli Ska-P fa pensare un'altra cosa. E poi, come si fa a dire che un genere non ha successo se non si prova neppure a dargli una possibilità? Lo stesso discorso vale per i Lacuna Coil, band gothic-metal italiana di grande successo all'estero e in Italia quasi sconosciuta. Si può dire che Mtv ha la stessa malattia di molte case discografiche: teme la novità. Così, ci ritroviamo ad ascoltare tutti i giorni le canzoni di cantanti tutte uguali, Rihanna, Katy Perry e colleghe, brutte copie di Madonna e Lady Gaga (forse l'unica novità del settore), e in ambito maschile (la musica pop è molto legata alla divisione per sessi) tanti pseudo-rapper venduti al pop oppure qualche ex volto di boy band, o uno come Justin Bieber, che non è mai stato in una boy band ma potrebbe esserlo senza problemi. Certo, ci sono eccezioni, come lo stesso CapaRezza, ma anche lui ha raggiunto il successo grazie a quelle che probabilmente sono le sue canzoni più commerciabili, ma anche tra le meno belle (o almeno, secondo i miei gusti, trovo che "Fuori dal tunnel" sia uno dei suoi pezzi meno belli, tra quelli divenuti famosi, come pure ritengo che "Goodbye Malinconia" sia una delle canzoni meno belle dell'ultimo album) e così viene apprezzato dal grande pubblico meno di quanto meriterebbe. Forse in ambito Rock le cose vanno meglio, ma la standardizzazione è presente anche lì, band che inseguono suoni un po' alternativi, come, che so, gli Skindred (ascoltatevi "Nobody") oppure i Dropkick Murphys, ma anche solo i Nightwish (che pure sono famosi in tutto il mondo), sono perlopiù ignorati.
Le cose sono migliori su Rock Tv, disponibile però solo nel pacchetto Sky, oppure su alcune stazioni radio, come Virgin Radio ottima per il Rock classico, ma restano mezzi poco diffusi. Niente a che vedere con le possibilità del web 2.0 dove ci si può consigliare brani via social network ed ascoltarli su YouTube una prima volta per poi riascoltarseli con attenzione in mp3 (molti brani vanno ascoltati più volte perché li si possa apprezzare, pensate che all'inizio non mi piacevano i Pink Floyd). Già da tempo, per esempio, su Facebook si diffondono le "radio", pagine gestite da appassionati di musica che condividono video musicali e spesso sono ottime per conoscere qualche band di nicchia o qualche brano poco conosciuto. Grazie al web oggi si ascolta molta musica, molta più musica che in passato, con molte più possibilità di spaziare tra generi diversi, e spesso i figli conoscono non solo tutte le band che ascoltavano i genitori ma anche molte band che i genitori avrebbero potuto ascoltare da giovani ma che invece non hanno mai conosciuto, oltre naturalmente a tutte quelle del proprio tempo. Il pubblico musicale odierno ha insomma a disposizione una vastissima scelta e può accedere con facilità ad ogni brano egli desideri.
Però, senza pagarlo. La gratuità della musica in internet da una parte ne ha incentivato la diffusione, dall'altra ha messo in crisi l'industria musicale. So che questo potrebbe piacere a molti, ma resta il problema che se i produttori non guadagnano anche gli artisti guadagnano poco, e se guadagnano poco non sempre riescono a fare musica. Il che, se l'artista è bravo, è un peccato.
Oggi un artista per poter vivere di sole vendite deve essere uno degli artisti di punta di una major, il che vuol dire il più delle volte essere conformato totalmente allo standard musicale. Questo da un lato è colpa delle major stesse che non investono sulle novità, ma è giusto dire che forse sarebbero più disponibili a correre rischi se avessero bilanci ben nutriti e maggiori aspettative di entrata dal lancio di qualche novità, anche se magari poi si rivela un fallimento. Se le major hanno problemi, poi, ne hanno a maggior ragione le piccole case discografiche e gli artisti autoprodotti. Insomma, di soli CD non si campa, né di sole vendite on-line. In alternativa, un artista può puntare sui live e cercare di guadagnare solo con i concerti, linea che stanno adottando anche artisti del calibro di Madonna (come sempre all'avanguardia nel marketing, pochi sanno vendersi come sa fare lei). Però anche vivere di soli live è difficile, a maggior ragione se sei un emergente e ancora pochi ti conoscono: ho amici e conoscenti che suonano in un gruppo e fanno piccoli concerti in locali, guadagnano a malapena quello che spendono per la sala prove. Emergere poi è molto difficile senza un produttore alle spalle, anche per chi è molto bravo a suonare ed ha belle canzoni, e un produttori ha bisogno di vendere album per permettersi di investire in un artista.
Insomma, cari lettori, che fare? Il modo di produrre e distribuire musica è cambiato molto negli ultimi anni ed destinato a cambiare ulteriormente in un futuro prossimo, ma la fruizione non può essere totalmente gratuita, altrimenti non avremo più nessuno che fa musica, e quindi anche buona musica. Ma allora dovremo "chiudere internet" o impedire completamente il download, facendo magari causa a YouTube se vengono caricati pezzi senza il permesso dell'artista? Rabbrividisco all'idea, ostacolerebbe la diffusione dei brani oltre che delle idee e sarebbe una misura difficilmente attuabile senza utilizzare mezzi degni di un regime. Inoltre, poi, non so quanto sarebbe auspicabile, infondo mi sembra legittimo poter ascoltare bene un album prima di decidere se acquistarlo o no. Infine, non penso che ci sia bisogno che gli artisti vivano nel lusso che il mestiere concedeva loro negli anni '60 e '70, sarebbe sufficiente che possano vivere bene solo con il loro mestiere e che sia consentito un legittimo introito a chi li produce. Ma allora che fare? Sinceramente, non lo so, mi piacerebbe anzi ascoltare consigli in proposto e poterne discutere. Per cominciare, però, potremmo sempre finanziare in qualche modo gli artisti che consideriamo meritevoli o che in generale vorremmo continuassero a suonare, specie se si tratta di giovani emergenti, continuando a scaricare musica da internet, così da poterne ascoltare sempre di più, ma poi cercando di andare ai concerti delle band che ci piacciono e magari comprando qualche maglietta, anche se costano molto e forse non ne varrebbe la pena, o qualche CD. Cerchiamo insomma di ripagare in qualche modo chi ci fa ascoltare buona musica, poiché fare musica e viverne non è per niente facile ("It's a long way to the top if you want to rock and roll").
Diciamo che si tratta di consumo responsabile di musica, che ognuno può attuare secondo le proprie possibilità. In cambio, avremo buone canzoni ad un modico costo ancora per molto tempo. Non credete ne valga la pena?

P.s. Chiedo scusa per la prolungata assenza, non preoccupatevi, sono ancora vivo. Semplicemente, questi ultimi dieci giorni sono stati un mezzo inferno, tra l'università ed altro, e così non sono riuscito a scrivere il post della settimana scorsa. Spero di non aver perso i miei già pochi lettori per questo.

mercoledì 23 novembre 2011

La religione complottista

Con l'aggravarsi della crisi economica e con la chiamata al governo di Mario Monti, che ha lavorato come consulente in un'importante banca, ecco che le teorie del complotto stanno attraversando una delle loro età dell'oro. In particolare, naturalmente, fiorisce quella del signoraggio, che sostiene a grandi linee (come spiegherò tra poco, è inevitabile parlare a grandi linee) che il denaro sia un complotto delle banche per renderci tutti schiavi; il web però è stracolmo di presunte notizie secondo cui, per esempio, le scie di condensa degli aerei sono in realtà "scie chimiche" che cambiano il clima (l'effetto serra, naturalmente, è una copertura, per la gioia dei petrolieri) per favorire gli interessi strategici dell'America, insieme con i potenti trasmettitori dell'HAARP, apparecchio usato per studiare l'atmosfera tramite onde elettromagnetiche ma che in realtà secondo alcuni blogger sarebbe in grado di scatenare nubifragi e addirittura terremoti. C'è chi sostiene che l'attentato alle Torri Gemelle sia un complotto della Cia (o del Mossad) e chi pubblica video su un presunto motore magnetico, il motore di Tesla, che è in grado di produrre più energia di quanta ne consumi, "creandola" dal nulla, e che ci è stato fin'ora tenuto segreto per colpa dei petrolieri Rockefeller e del geloso Edison (e delle banche, naturalmente, specie quelle americane), mentre resistono alcuni classici intramontabili del genere, come il complotto pluto-giudaico-massonico tanto caro ad Hitler, e a volte ci si imbatte inarrivabili capolavori, come la dottrina secondo cui i Rettiliani, popolo alieno, hanno cambiato il DNA umano affinché non fossimo più erbivori bensì mangiatori di carne.
Le teorie del complotto sono per loro natura non scientifiche, poiché non possono essere falsificate (mi attengo al criterio di Karl Popper). Difatti, chi sostiene una teoria del complotto sostiene anche che ogni argomento contro la propria tesi sia frutto della cospirazione degli stessi Massoni (o banchieri, o Giudei) contro cui egli si batte: se ricerche scientifiche ufficiali smentiscono la teoria allora sono state falsificate, se esperti in materia (i promotori della teoria non sono mai esperti in materia) non vi credono è perché sono stati indottrinati, mentre se chi la sostiene è accademicamente isolato allora è stato epurato dai cospiratori. Inoltre, spesso una teoria del complotto non è ben delineata ma presenta un'infinità di variabili, così da scansare molte delle argomentazioni contro di essa semplicemente modificando la propria versione. Insomma, anche dal punto di vista logico-dialettico e non solo scientifico non ci possono essere prove che le teorie siano vere o false, poiché le stesse prove dovrebbero avere come presupposto proprio la verità o falsità delle teorie, nella vastità delle loro ipotesi. Se ci pensate, questo è lo stesso motivo per cui non si può dimostrare l'esistenza o non esistenza di Dio (come avevo già accennato qui), la cui presunta volontà è per natura imperscrutabile, ed è per questo che voglio paragonare le teorie del complotto ad una religione.
Insomma, il complottismo è come una religione: i suoi testi sacri sono i video di YouTube, suo principale tramite, ascoltati perlopiù passivamente dagli utenti (sapete cosa penso dell'informazione tramite video) e mai contraddetti dai fedeli, mentre i suoi profeti sono quei presunti esperti "epurati" dalle università, quasi mai in realtà laureati in ciò di cui parlano (Giacinto Auriti, uno dei principali promotori della teoria cospirazionista economica del signoraggio, è laureato in giurisprudenza, giusto per fare un esempio). Chi non si dichiara d'accordo a volte si trova semplicemente coinvolto in una discussione forse un po' a senso unico ma comunque civile, altre volte viene accusato di essere un "SERVO" o un "disinformatore per mestiere" (naturalmente pagato dagli Usa, dalle banche e da Israele), va da sé quindi che raramente un cospirazionista legge articoli con contenuti differenti da quelli in cui crede, scritti da "servi", e spesso anzi non vi entra neppure in contatto.
Immagino che ormai abbiate capito che io ritengo le teorie del complotto poco credibili. Tuttavia, come ho già scritto non ci sono né ci possono essere prove del fatto che siano false (va beh, salvo quando sono autocontraddittorie). Quindi, pur dubitando fortemente della loro veridicità, per correttezza non posso negare che potrebbero essere fondate, che esista logicamente (matematicamente) parlando la possibilità che siano vere, per quanto questo sia poco probabile (probabilità davvero bassissime per i rettiliani, direi, un po' più alte per ciò che riguarda signoraggio o complotto delle Torri Gemelle). Perciò, come comportarsi? Per quanto che mi riguarda, come sapete io sono razionalmente agnostico: se il complottismo è una religione io non posso sapere se ciò che dice è vero o falso, ma posso il più delle volte comportarmi a priori da esso e, quando non posso, è giusto che io faccia ciò che ritengo più giusto secondo quello in cui credo (o almeno ci provo), così al massimo avrò sbagliato in buona fede. Magari scoprirò in futuro qualcosa che mi farà cambiare idea, non posso escluderlo, o più probabilmente rafforzerò il mio scetticismo, ma ora non posso saperlo ed è inutile che io mi tormenti.
Come tutte le religioni, però, il complottismo ha anche i suoi fanatici. Coloro che credono alle teorie del complotto, in verità, sono il più delle volte (per ciò che è la mia esperienza) disponibili al confronto e pur rimanendo nella maggior parte dei casi convinti delle proprie posizioni sono aperti a cambiarle. Vi sono tuttavia anche gli integralisti, e alcuni di loro fanno politica. In generale infatti le teorie del complotto nascono e proliferano in ambienti di estrema destra, la cospirazione del signoraggio per esempio ha tra i propri padri Ezra Pound, poeta simbolo della destra neofascista, e lo stesso Auriti citato sopra è stato candidato al Parlamento europeo nella lista di Alessandra Mussolini, mentre oggi l'uomo politico che più porta avanti queste ed altre posizioni legate al "complotto" è Mario Borghezio, leghista e neonazista (non è neonazista? Sapete nulla della sua carriera?). Inutile parlare poi dell'infausta fortuna del "complotto pluto-giudaico-massonico", che mi auguro sia nota a tutti. Certo però non tutti i complottisti sono fascisti, anzi queste teorie, che ambiscono ad essere "contro il sistema", hanno un discreto successo anche in ambienti di sinistra più o meno "estrema" e hanno molti seguaci politicamente non schierati, che sono capitati per caso in un blog complottista e, per mancanza di esperienza nel valutare il materiale trovato in internet, ne sono rimasti affascinati. Questi sono i più pericolosi. Chi è di sinistra in genere è vaccinato contro il fascismo ed è abituato a non fidarsi di chi se ne fa promotore, ma chi invece non possiede ancora una cultura politica potrebbe spendere il proprio voto in favore di chi si adopera a "combattere i cospiratori". Il diffondersi delle teorie del complotto potrebbe insomma essere il trampolino di lancio di una nuova ascesa dell'estrema destra, che da anni si rafforza in tutta Europa e ci sono tutte le premesse perché cresca anche in Italia (dove però non esiste tutt'ora una forte destra liberale che rifiuti ogni contatto coi fascisti, si pensi a Borghezio o al berlusconiano Ciarrapico entrambi militanti in partiti al governo fino a poco fa).
È già accaduto che il Fascismo si diffondesse in Europa a seguito di una crisi economica e la conseguenza fu una guerra mondiale e un massacro di Ebrei, Rom, omosessuali e Comunisti. Oggi quel Fascismo c'è ancora, con idee molto simili a quelle di allora, e non riesco a smettere di temere che possa ancora salire al potere. Spero di sbagliarmi e mi auguro che il complottismo resti una religione in uno Stato laico. Altrimenti, potremmo dover tornare sui monti.

domenica 20 novembre 2011

Ma ciò che ci serve è una riforma della classe politica

A quanto sembra, Monti rinuncia alla patrimoniale. Perché lo fa? Perché teme di perdere il sostegno di Berlusconi e quindi la maggioranza. Probabilmente però sbaglia: Berlusconi sa bene che andando alle elezioni ora ne uscirebbe sconfitto e perderebbe anche questo potere di ricatto che ormai è tutto ciò che gli è rimasto. Monti però non osa, perché non è un politico.
Tutto questo per dire cosa? Che non possiamo affidarci sempre ai tecnici, una classe politica ci serve. Però, ahimè, la classe politica attuale sta dando pessima prova di sé. Forse succedeva anche in passato, ma ora abbiamo toccato uno dei punti più bassi della nostra storia, con un Governo Berlusconi che suscitava disgusto per la corruzione di cui era capace e per l'incapacità di prendere provvedimenti efficaci contro la crisi economica eppure caduto solo perché l'Udc di Casini era (ed è) in crescita nei sondaggi e quindi poteva garantire la sicura rielezione ai parlamentari che sarebbero passati dal Pdl alle sue fila. Ma non c'è nulla di cui stupirsi se si pensa che questa stessa maggioranza che sosteneva Berlusconi esisteva solo grazie a parlamentari che si erano fatti letteralmente comprare al prezzo di 350 mila euro. E non che i parlamentari d'opposizione siano da assolvere, se in molti speravano che il Governo non cadesse, altrimenti si sarebbero trovati disoccupati e senza la famosa pensione di 3000 euro mensili, che vengono ricevuti solo se si è stati in Parlamento per almeno cinque anni (per saperne di più, un vecchio articolo del Fatto). Inoltre oggi sempre più i poteri politici ed economici sono legati (senza tirare in ballo il Governo Monti, si pensi alle Coop-Pd, a Fininvest-Pdl-Lega e a Bossi che smania per avere "le banche") con i rischi di corruzione che ne conseguono, e qui mi fermo poiché il degrado della classe politica ormai è noto ai più.
Io però non sono un grillino e non voglio generalizzare, credo che in tutti e tre gli schieramenti (tutti e tre... mah, forse) esistano persone oneste e dedite al mestiere che siedono in Parlamento perché davvero credono in una causa. Temo però che siano poche, è innegabile che il livello complessivo della nostra classe parlamentare prima ancora di quella politica in generale sia grandemente calato.
Urge quindi una "riforma della politica". Ma che fare? Io non sono certo un esperto in materia e in genere quando non quando non conosco qualcosa preferisco tacere, ma ormai è qualche anno che seguo, da fuori, l'andamento delle varie maggioranze e qualche idea me la sono fatta.
Vediamo per punti.

1) Riforma della legge elettorale che consenta il voto di preferenza. Per fortuna si sono già raccolte firme a proposito, questa è una questione estremamente importante: è soprattutto a causa della legge Porcellum e abolizione del voto la preferenza che ora abbiamo un Parlamento di bassissimo profilo, di gran lunga peggiore di quelli che lo hanno preceduto (che non è che eccellessero, sia chiaro). Difatti ora un parlamentare, per venire rieletto, necessita che il partito politico lo metta "avanti" in lista, la sua fortuna politica quindi dipende interamente dal partito in cui milita e dai suoi leader, il parlamentare verrà premiato se saprà accontentarli. La virtù che viene quindi apprezzata è la completa fedeltà, non agli elettori ma al partito di appartenenza ed alla sua linea politica. Perciò il Parlamento di fatto viene esautorato come organo politico e diventa semplice strumento dei partiti, il dibattito parlamentare è annullato e deputati e senatori, salvo forse i capigruppo, diventano quasi delle "azioni", l'azionista di maggioranza governa. Il voto di preferenza certo non risolverebbe del tutto la situazione, un partito politico naturalmente potrebbe ancora garantire la rielezione di alcuni parlamentari, ma non di tutti e la responsabilità del singolo, che il più delle volte dovrà conquistarsi le preferenze per venire rieletto, sarà maggiore.

2) Riduzione degli stipendi dei parlamentari. Gli stipendi dei nostri parlamentari per la cronaca attualmente sono 5.246,97 euro per i deputati e 5.613,63 per i senatori. Non è certo poco, anche se molto meno delle voci che girano in internet sotto forma di catene di Sant'Antonio (per maggiori delucidazioni, questo post è fatto bene), ma potrebbero essere ridotti a circa la metà, magari un po' di più per chi ha la famiglia a carico, meno per chi non la ha. Non che questo porterebbe a un risparmio sensibile per le casse dello Stato, ma non è per questo motivo che credo andrebbe fatto. Il motivo è che l'attività del parlamentare non deve essere economicamente vantaggiosa, di modo che chi siede in Parlamento non lo faccia per soldi ma per ideali (o almeno anche per ideali). Questo contribuirebbe molto a migliorare il livello dei nostri eletti.

3) Limite ai mandati parlamentari, onde evitare che quello di Parlamentare diventi un mestiere, con la conseguenza che si arriverebbe, come si è già arrivati, a non far cadere un governo indegno pur di non perdere lo stipendio. L'esperienza politica può servire, senza dubbio, ma non è necessario che tutti i parlamentari siano veterani. L'esperienza maturata in Parlamento può anche essere applicata in altri ruoli.

4) Trasformazione delle pensioni parlamentari in una sorta di assegno di disoccupazione con durata limitata e non "a vita", ma disponibile subito e non a fine mandato (naturalmente la durata del sussidio deve essere entro certi limiti proporzionale a quella dell'attività svolta). Ancora una volta, si eviterebbe che a seguito di elezioni anticipate il parlamentare si ritrovi disoccupato, ottimo argomento per non far cadere il governo.

5) Obbligo di frequenza e partecipazione al dibattito parlamentare, salvo impegni legati a commissioni parlamentari.

6) Ineleggibilità di condannati in via definitiva per reati quali mafia o corruzione. Questa è una soluzione che dovrebbe essere già implicita nel voto degli elettori, ma spesso gli elettori si sono rivelati disinformati e così i corrotti sono stati eletti, serve quindi rimediare per legge.

7) Eliminazione di auto blu, portaborse et similia. Oltre a far risparmiare, ridurrebbe il proliferarsi di clientes in cerca di un lavoro ben pagato e poco impegnativo, e di uomini politici eletti per questo.

8) Limite a due mandati per la carica di Presidente del Consiglio. Rimanere troppo al potere infatti può portare a farci l'abitudine e a non poterne più fare a meno. Spesso il potere logora, è quindi bene dosarlo. Inoltre, chi è al potere rischia facilmente di entrare in contatto con situazioni di corruzione e a farci l'abitudine, è quindi bene rinnovare periodicamente i vertici dello Stato. Se poi può tornare utile avere persone di grande esperienza al governo, queste persone possono essere i ministri.

9) Severa legge sul conflitto di interesse. Servirebbe, come ovvio, ad evitare che si entri in politica per difendere gli interessi della propria attività economica.

10) Abolizione di qualunque immunità giudiziaria per parlamentari e membri del Governo. Anzi, nei limiti del costituzionalmente legittimo ogni eletto dovrebbe essere più facilmente processabile (con tempi di prescrizione allungati) e più facilmente intercettabile di un comune cittadino. Così si tutelerebbe il principio di trasparenza.

11) Finanziamenti pubblici ai partiti proporzionali al risultato elettorale, ma comunque di entità limitata, e divieto assoluto di riceverne di privati, che non siano le donazioni di privati cittadini, ma dell'ordine di non più di cento euro alla volta. Ve l'ho detto che non sono un grillino. Ma perché questo? Perché fare politica ad alti livelli, gestendo un (numericamente) grande partito, costa. I soldi necessari possono venire dallo Stato oppure dai privati, quali aziende, banche e imprese. In caso di abolizione dei finanziamenti pubblici, come in molti vorrebbero, i partiti politici si troverebbero quindi a dipendere sempre di più dai privati che li finanziano, ancor più di quanto non accada ora, mente con finanziamenti solo pubblici ne sarebbero slegati e dipenderebbero esclusivamente dai cittadini dai quali ricevono voti. Inoltre, in questo modo si limiterebbe molto il flusso di denaro che passa dai partiti, il che comporterebbe una riduzione di stipendio dei dirigenti, che così non farebbero politica (solo) per denaro.

Queste naturalmente sono solo mie idee e potrebbero anche essere sbagliate, non pretendo di avere la soluzione in tasca e sono aperto a critiche e correzioni. Tuttavia, credo che operando in questo senso si avrebbero notevoli miglioramenti in breve tempo. Una "riforma della politica" porterebbe a notevoli vantaggi, anche in termini economici, a costo zero, poiché comporterebbe un miglioramento della classe dirigente, che saprebbe gestire meglio lo Stato tutto. A prendere queste misure però dovrebbe essere il Parlamento stesso, quindi gli stessi parlamentari che ne uscirebbero penalizzati, e qui potrebbe valere ciò che diceva Giordano Bruno, "che mortificazione, chiedere a chi ha il potere di riformare il potere!". Può il potere riformare il potere? Potranno riuscirci i cittadini tramite referendum, anche se esso può essere solo abrogativo? Io non lo so, ma per oggi ho sonno. Buonanotte.
Se mai qualcuno volesse raccogliere firme per una riforma del genere, tuttavia, avrà la mia.


P.s. Nel caso non lo aveste notato, nella colonnina laterale del forum sono presenti due pulsanti che rimandano alla pagina facebook e al profilo twitter di questo blog. Se mai voleste ricevere in tempo (quasi) reale aggiornamenti sulle cazzate che scrivo, sapete come fare. Sottointeso che mi rendereste tanto felice. Ma tanto sto parlando da solo, nessuno è arrivato a leggere fin qui. Buonanotte Notturno.

domenica 13 novembre 2011

Leggi, non guardare (informazione & YouTube)

In un weekend impegnato a recuperare il sonno perduto scrivo il mio post settimanale solo di domenica sera. Dovrei scusarmi, ma tanto non mi segue comunque nessuno, quindi pazienza.
In ogni caso, oggi volevo riflettere sul tipo di comunicazione che avviene tramite internet. Lo spunto me l'ha dato questo articolo di Anonimoconiglio (che colgo l'occasione di segnalarti, mio unico lettore) riguardo alle teorie di McLuhan applicate alla rete. Il bravo coniglio ne sa di certo più di me, ma non ambisco a fare a gara, piuttosto volevo concentrarmi su un aspetto che trovo lui abbia trascurato, ovvero le diverse forme di comunicazione via web.
In linea generale, chi vuole dare una notizia o esprimere un'idea via internet ha due modi: scrivere un articolo o postare un video. In entrambi i casi la comunicazione avrà le caratteristiche tipiche della rete, ovvero relativa facilità di creazione e condivisione, la difficoltà nel "farsi notare" vista la grande quantità di video e articoli presenti in internet e la possibilità di commentare da parte degli utenti. Anche il contenuto spesso è simile: il più delle volte un video su YouTube che vuole fare informazione consiste in una voce, in genere fuori campo, che recita un copione, dicendo appunto ciò che il video vuole comunicare, mentre sullo schermo scorrono immagini più o meno pertinenti, che a volte servono come "prova" di ciò che viene detto, a volte hanno come unico scopo quello di riempire il video mentre la voce parla (chi li conosce, pensi ai video sulle varie teorie del complotto, sono un esempio perfetto). Quindi tra un articolo scritto e un video di solito non vi è una gran differenza in ciò che riguarda il contenuto, ma vi sono grandi differenze riguardo alla forma, al mezzo.
La parola scritta infatti ha un approccio razionale, poiché a differenza dell'ascolto o della visione di immagini la lettura è un procedimento complesso che richiede appunto l'intervento del lato razionale dell'uomo, il quale può fa da filtro per quello emotivo. Inoltre, la comunicazione tramite testo scritto consente al fruitore di decidere quali debbano essere i tempi di fruizione: quando leggi un articolo puoi con facilità rallentare se ti imbatti in passaggi particolarmente complessi, magari rileggerli, scoprire che sono male argomentati e smontarne l'argomentazione, oppure puoi soffermarti a metà lettura e riflettere se sei d'accordo con ciò letto finora, farti un'opinione, magari rileggendoti qualche passaggio che non ricordi perfettamente. In pratica, la lettura di un testo scritto consente con facilità la riflessione, permette di esercitare la propria coscienza critica.
Diverso è per la comunicazione tramite video. Infatti, un video non può essere fruito così come scritto sopra, salvo dover continuamente mettere in pausa e mandare indietro, pratica molto scomoda. Quindi nella comunicazione tramite video è il video stesso a decidere i tempi di fruizione e questo consente facilmente di saltare alcuni passaggi logici facendo apparire forte una comunicazione in realtà debole. Inoltre, un audio-video (quando scrivo "video" do per scontato che ci sia anche l'audio) consente di inviare una serie di messaggi non verbali (dal suono della voce o la sua intonazione alle immagini mostrate) che agiscono a livello emotivo aggirando la ragione critica del lettore. Infine, un'immagine video, proprio perché appare più "vera" può essere più facilmente falsificabile: se ti dicessero che esiste un motore che produce energia a gratis, cioè senza consumarne, tu non ci crederesti, ma se mentre te lo dicono ti fanno vedere un motorino che gira senza avere la spina attaccata e una lampadina che si accende, tutto al cospetto di sedicenti scienziati, rischi anche di crederci, senza pensare che in quel motorino potrebbe benissimo esserci una pila ben nascosta (per la cronaca, un tale motore, chiamato "motore di Tesla", non esiste, è sufficiente avere elementari nozioni di elettrodinamica per saperlo).
Quindi, in sintesi, la comunicazione tramite testo scritto favorisce la riflessione, mentre quella audio-video ti invita semplicemente a schierarti da una parte e credere a quello che ti viene detto o "mostrato". Ciò avviene indipendentemente dal contenuto e questo rende la questione ancora più importante, poiché è il "mezzo" ad essere il "messaggio", per ricollegarci a McLuhan: il "come" ti viene comunicato qualcosa ti cambia molto di più di quanto faccia il contenuto della comunicazione e se non sei preparato può raggirarti. Perciò, lettore, stai attento.


P.s. Mi scuso per non aver linkato qualche video di esempio, ma non voglio contribuire alla loro diffusione. Se mai vi imbatterete in essi, ricordate ciò che ho scritto. (Lo so, ora mi rivolgo al lettore al plurale, ma se è arrivato fin qui a leggere devo dargli del voi).

P.p.s. Lo so cosa pensate, l'Italia è in grave crisi economica, il Governo è finalmente caduto e tu pensi a queste cazzate? È che, nonostante il poco spontaneo "passo indietro" di Silvio, la situazione italiana è talmente nera che pensarvi mi suscita a volte rabbia, ma più spesso ansia e depressione. Perciò, per oggi, preferisco dedicarmi ad altro.

domenica 6 novembre 2011

Dio, l'alluvione di Genova e la risposta laica di Don Gallo

Intervistato dal Fatto Quotidiano riguardo all'alluvione che due giorni fa ha colpito la città in cui vive, Genova, Don Andrea Gallo ha risposto alla domanda del giornalista su cosa chiederebbe a Dio dopo un tale dramma con le parole "gli chiederei perché non ha dato a Mosè l’ 11 ° comandamento: Rispetta la natura". Ovvero, per come la interpreto io, "non date a Dio le colpe degli uomini".
Ora, io non ho intenzione di cercare colpevoli e stabilire chi tra gli uomini abbia mancato di responsabilità, non ne ho le competenze, vorrei invece ricollegarmi al problema millenario dell'esistenza del male, la teodicea. Perché infondo è questo che l'intervistatore ha chiesto a Don Gallo: come può un dio buono e onnipotente tollerare il male e permettere che possano avvenire alluvioni, terremoti, tzunami che stroncano vite innocenti? Perché nel mondo esiste il male? È questa un interrogativo che ha occupato le menti di filosofi credenti, panteisti ed atei, specie dopo ogni disastro naturale, e che soprattutto ha messo in difficoltà le religioni e si è rivelato una micidiale argomentazione a favore dell'ateismo. Don Gallo per un verso ha dato l'unica risposta che un credente non fanatico può dare: "non lo so". Un credente ammette di non saper rispondere poiché la volontà di Dio è imperscrutabile e la comprensione dei suoi atti non è mai del tutto possibile alla limitata mente umana, si deve solo confidare nella sua bontà con quello che è, appunto, un atto di fede.
Alcuni credenti, come credo anche il prete genovese o come il teologo Vito Mancuso, sanno però andare oltre arrivando a dire che l'uomo deve operare secondo giustizia non per timore della punizione divina ma perché così è giusto, poiché è l'uomo il responsabile delle proprie azioni. Questa è una visione laica dell'etica, che non nega Dio (e come potrebbe) ma è valida "a priori", indipendentemente dall'esistenza di un dio, e può combaciare con una visione laica "non credente". Difatti il vero laicismo a mio parere non è ateo, ma agnostico, poiché negare l'esistenza della divinità è di per se una religione, intesa nel significato più generale di "opinione sul divino": negare l'esistenza di Dio è un'opinione su Dio, quindi è professare una fede. Difatti come non ci sono e non ci possono essere prove dell'esistenza di un dio, in quanto entità metafisica e quindi non indagabile dalla scienza, non possono essercene neppure della sua non-esistenza. Il concetto di Dio e della sua essenza è troppo distante, lontano nella metafisica, perché si possano compiere speculazioni filosofiche ben fondate e incontrovertibili a proposito, né tanto meno ricerche secondo il metodo scientifico sperimentale. Perciò l'unica conclusione razionalmente fondata è l'agnosticismo razionale: l'ammissione di non poter dire razionalmente se e cosa Dio sia, sospendendo perciò il giudizio. Questo però non impedisce la fede, si può identificare Dio in Jahvè, in Allah, nella calma spirituale del Nirvana, nella Scienza, nella Matematica e nella Ragione, nella Natura, nella Giustizia, nell'Uomo, nel Popolo o semplicemente in nulla, o in noi stessi, e agire così come questo "Dio" vorrebbe, mantenendo però sempre la consapevolezza che ciò in cui si crede non è certo, o perlomeno non lo è razionalmente, e quindi non è una verità assoluta imponibile agli altri. Chi crede diverso da te potrebbe avere ragione tanto quanto te.
Una tale concezione impone nelle decisioni che riguardano tutti, o anche solo nei giudizi, un atteggiamento laico, poiché se non sappiamo se e cosa Dio sia dobbiamo parlare e operare "a priori", indipendentemente da quale sia la visione di Dio di ciascuno. Perciò se un'alluvione fa dei morti un credente non deve chiedersi se sia una punizione del dio cattolico perché lo abbiamo deluso o di quello musulmano perché non crediamo in lui, ma, insieme al non credente, deve chiedersi cosa possiamo fare affinché non risucceda e cosa per aiutare chi ne è stato colpito, poiché così è giusto.

Per chi fosse interessato, qui per la raccolta fondi per la scuola elementare e media di Monterosso, danneggiata durante l'alluvione di martedì.

giovedì 27 ottobre 2011

Cosa rimarrà: cosa ricorderanno dell'era berlusconiana

Forse questa è la volta buona, potrebbe essere l'ultimo Governo Berlusconi, il penultimo ad esser pessimisti (ma non troppo), e poi questo troppo lungo ventennio sarà finito e l'Italia si ritroverà più o meno come si era lasciata nel '92, con gli stessi problemi, solo un po' più corrotta e incattivita.
Tra cinquant'anni, però, o anche cento, cosa rimarrà di tutto questo sui libri di storia? Non parlo dei grandi ragionamenti e dei dibattiti degli storici, mi riferisco più a quegli episodi salienti che sintetizzano un'intera epoca, ne mostrano uno spaccato. Personalmente, tra i molti episodi che potrebbero svolgere questo compito, ne identifico tre in particolare che evidenziano ciascuno un aspetto peculiare dell'era politica in cui abbiamo vissuto.
Il primo è l'editto bulgaro. Il 18 aprile 2002, nel corso di una conferenza stampa a seguito di una visita ufficiale a Sofia, Berlusconi dichiarò che "l'uso che Biagi, Santoro e Luttazzi hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso e io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza (quella nominata dal suo Governo) di non permettere più che questo avvenga". Pochi mesi dopo Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi non lavoravano più in Rai e i loro programmi venivano sostituiti da altri, con ascolti molto ridotti; Biagi e Santoro poterono tornare a lavorare per l'azienda pubblica solo con il Governo Prodi. Credo che se qualcuno volesse identificare una "marcia su Roma" berlusconiana dovrebbe guardare proprio a questo evento: Berlusconi mise le proprie mani su tutta la televisione italiana, chiarì che non avrebbe più tollerato opinioni critiche contro di lui. Dall'editto, infatti, per anni più nessuno osò fare satira su Berlusconi, né in Rai né in Mediaset.
L'editto bulgaro però è un fatto rilevante anche per un altro motivo. Ho già scritto che i programmi vennero sostituiti con altri di successo molto più ridotto e questo non è un elemento trascurabile: a prendere la decisione fu una dirigenza nominata dal Governo del proprietario di Mediaset, diretta concorrente della Rai. La conseguenza infatti fu che il programma preserale Striscia la Notizia, nella stessa fascia oraria di quello di Biagi e di quello di Luttazzi, ottenne un record di ascolti e la Rai negli anni successivi visse uno dei periodi peggiori della propria storia, con conseguente arricchimento di Mediaset e del suo proprietario Presidente del Consiglio.
Il secondo tra gli episodi più salienti dell'era berlusconiana è il caso Brancher. Aldo Brancher è un uomo politico italiano, di classe '43, che dopo una breve carriera ecclesiastica e come collaboratore di Famiglia Cristiana venne nel '82 assunto in Fininvest. Negli anni Novanta fu coinvolto in Tangentopoli e accusato di falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti (il primo reato fu poi depenalizzato da Berlusconi, mentre la seconda accusa finì in prescrizione), poi fu coinvolto nello scandalo Antonveneta con l'accusa di ricettazione e appropriazione indebita e per questo motivo la sua carriera politica, iniziata nel '99 tra le fila di Forza Italia, nel giugno 2010 raggiunse il suo vertice con la nomina a ministro. La sua stessa nomina era stata in verità molto travagliata: inizialmente Berlusconi, in calo di consensi, decise di strizzare l'occhio all'elettorato leghista annunciando di voler nominare Brancher Ministro all'attuazione del federalismo, fatto che scatenò molte polemiche: oltre alla perplessità destata dalle accuse pendenti sul politico, si fece notare che già esistevano sia il Ministro all'attuazione del programma sia quello al federalismo, in specie Umberto Bossi. Proprio Bossi infatti alzò la voce, temendo di veder sminuire il proprio ruolo di Ministro, e così Berlusconi, dopo aver negato di voler promuovere Brancher per salvarlo dal processo, decise di assegnargli il fondamentale Ministero per la Sussidiarietà ed il Decentramento, creato ad hoc per l'occasione (pare che quando chiesero a Brancher quali erano i compiti di questo suo nuovo ministero, egli rispose "non lo so"). Così Brancher venne nominato ministro il 18 giugno 2010 e cinque giorni dopo la nomina ad un giornalista che gli chiedeva se si sarebbe presentato in tribunale rispose dicendo "ora penso a lavorare", dichiarando quindi che avrebbe usufruito del legittimo impedimento. Fortunatamente, questa vicenda si è conclusa in breve tempo: la scelta di Brancher di evitare il processo (che è poi il motivo per cui lo hanno fatto ministro) provocò una reazione di sdegno anche all'interno della maggioranza, specie tra i Leghisti che temevano di perdere voti seguendo Berlusconi sulla via dell'impunità, e causò anche una forte opposizione del Capo dello Stato Napolitano, che mise in dubbio la legittimità dell'impedimento. Così meno di tre settimane dopo la nomina il neo-ministro fu costretto a dimettersi, per poi venire condannato in primo grado a due anni di reclusione e 4000 euro di multa. La vicenda però resta esemplare, poiché ben descrive lo scadere delle istituzioni nell'era berlusconiana e l'uso della nomina a cariche pubbliche come "favore personale" del capo a sottoposti ed amici, slegandola del tutto da merito o competenze (non servono competenze, infondo, in un ministero inutile). Il caso Brancher è dunque testimonianza del progressivo svilimento delle istituzioni e degli uomini che le presiedono, nominati soltanto in virtù delle proprie amicizie personali oppure della propria fedeltà al leader di turno. Così ogni autonomia finisce con lo sparire e una carica pubblica diventa semplice strumento nelle mani del Presidente del Consiglio.
Infine, l'ultimo episodio rilevante dell'era berlusconiana di cui voglio parlare sono le risate di Sarkozy e della Merkel al summit europeo dell 23 ottobre 2011. Dopo che a Bruxelles i Primi Ministri e i Presidenti dell'Unione Europea avevano discusso di economia, durante la conferenza stampa un giornalista chiese ai due leader se "il premier italiano vi ha rassicurato sui provvedimenti che prenderà il suo governo". Sarkozy sorrise e sembrò non saper cosa dire, poi si voltò verso Angela Merkel e i due si misero a ridere. Infine, il Presidente francese rispose di aver fiducia nel senso di responsabilità delle autorità italiane (senza più nominare Silvio). Si noti che le risate non erano rivolte all'Italia: il giornalista non ha fatto domande sull'Italia ma su Berlusconi ed è quindi di lui che i due principali leader europei ridevano, a riprova della credibilità internazionale pressoché nulla di questo Governo e del suo leader.
Credo che se il Governo cadesse domani questi sarebbero i tre momenti presenti in ogni libro di storia e citati in ogni resoconto di questi tristi anni Duemila, che si stanno prolungando ormai troppo e che ci auguriamo finiscano presto, prima che io debba aggiungere ulteriori episodi a questo mio elenco.

domenica 23 ottobre 2011

Parlare del #15ott con cognizione di causa

Visto che, come ho già scritto, i media tradizionali si sono rivelati del tutto incapaci di narrare cosa davvero sia accaduto il 15 ottobre a Roma (con pochissime eccezioni) e visto che invece sui blog sto trovando molto materiale interessante, invece di postare di volta in volta i link in modo confuso ho deciso di creare questo post con la funzione di aggregatore di notizie, o meglio di commenti alle notizie, postando qui di volta in volta nuovo materiale che trovo interessante o comunque utile per crearsi un'opinione informata su ciò che è accaduto e che potrebbe riaccadere.


Commenti e discussione sul blog della Wu Ming Foundation, con un dibattito tra sostenitori e critici dei "nerovestiti"

La legge (del) Reale - Parla coi muri, ottimo articolo sulle reazioni al 15 ottobre e sulle cause della violenza in relazione con la società "post-ideologica" e le nuove generazioni

L'opinione dei black bloc, se così volete chiamarci, commento di un "estremista" agli scontri

Senza futuro non c'è Pace. Cosa è successo il #15ottobre - ValigiaBlu, sintesi di vari articoli e intervista ad una fonte vicina al coordinamento del 15 ottobre. Questo è l'articolo migliore, consiglio di aprire anche i link interni allo stesso poiché nel complesso offrono un'ottima panoramica delle differenze tra la componente pacifica del corteo e quella violenta, ognuna con le proprie ragioni e i propri argomenti



Dopo aver letto alcuni di questi articoli credo concorderete con me nel pensare questo: il 15 ottobre 2011 è stata una giornata dall'importanza storica anche perchè, forse per la prima volta, l'informazione via internet e gli articoli sui blog si sono dimostrati di qualità largamente superiore a quella dei media tradizionali, i quali farebbero meglio ad aprire il computer, accendere il wifi e fare un po' di autocritica.

sabato 22 ottobre 2011

Ma parlare di "er pelliccia" non è buon giornalismo

Maledizione, devo tornare a parlare dei fatti di Roma del 15 ottobre, poichè è appena trascorsa una settimana e vanno tirate le somme. La cosa però mi crea disagio, poichè il livello del dibattito pubblico è stato in media talmente basso che ricominciarlo da capo sarebbe davvero una fatica troppo grande per uno svogliato come me. Perciò invece di dire qualcosa di originale mi limiterò a parlare di come altri ne hanno parlato.
Come ho già scritto, infatti, a una settimana esatta da quelle violenze il giornalismo italiano ha dato nel complesso una pessima prova di sè, giudizio nel quale includo anche la maggior parte dei giornalisti antiberlusconiani (e quelli cerchiobottisti in stile Corriere) dai quali invece sarebbe legittimo pretendere del giornalismo serio. Sorvolo sul termine stesso "black bloc", usato impropriamente, termine giornalistico nel quale nessuno tra i "nerovestiti" presenti a Roma si identifica. Sorvolo anche sull'aver letto, persino sui quotidiani nazionali, il termine scritto come "black block", quando basterebbe consultare Wikipedia per avere delucidazioni in proposito.
Ciò su cui proprio non posso sorvolare è che sulle pagine dei quotidiani e nei discorsi fatti tra chi li legge (o peggio tra chi segue solo i tg) l'intera vicenda è stata ridotta ad un"er pelliccia tira un estintore contro i poveri celerini perchè è un pirla e poi si inventa una scusa stupida", dove tutti i manifestanti più estremisti diventano un "er pelliccia" qualsiasi, nemico degli estintori e delle madonnine, e le intere dinamiche sociali che hanno causato quegli avvenimenti si riducono a "è gente che si diverte a farlo", oppure nel migliore dei casi ad un lapalissiano "sono violenti" senza che ci sia neppure un tentativo di capire perchè lo sono. Insomma, si riduce tutto ad una battaglia tra soldatini di piombo, quelli cattivi e quelli buoni, "er pelliccia" da un lato, il "blindato dato alle fiamme" e la "madonnina" in frantumi dall'altra.
I commenti più intelligenti difatti vengono dalla blogosfera e già ne ho linkato qualcuno, tuttavia anche la rete, nel suo complesso, ha dato pessima prova di se, a testimonianza del fatto che non esiste un mondo digitale "parallelo" ma che il web è parte integrante della sociatà, del "mondo reale", e ne condivide pregi e difetti. E in questo caso i difetti sono stati la maggioranza, a partire dalla campagna delatoria "denuncia anche tu un black bloc", che rischia di degenerare in "denuncia anche tu come blac bloc il tuo vicino antipatico" e che comunque, è palese, avrà come unica conseguenza quella del vietare le telecamere alle manifestazioni, a meno che qualcuno non pensi davvero che mettere in galera per qualche mese una decina di "arrabbiati" come pena esemplare serva davvero ad evitare scontri futuri oppure a far sbollire un po di rabbia negli incarcerati. Sul web come spesso accade i "black bloc" sono diventati i nemici di turno, come è successo, senza differenze, a Michele Misseri, Gheddafi o #vascomerda; oppure, altra faccia della medaglia, capita che ci si imbatta in una serie di commenti che dicono che quella di Roma è stata una vittoria poichè gli sbirri si sono fatti più male di "noi" (versione semplicistica delle opinioni in alcuni commenti sul blog degli Wu Ming, ma anche nell'intervista al nerovestito su Repubblica). Anche questo, però, fa parte del dividere il mondo in buoni e cattivi, senza preoccuparsi di capire davvero chi sia in realtà il cattivo di turno e quali siano le sue ragioni e i suoi "meccanismi".

A questo punto, mi verrebbe da chiedere, come siamo arrivati a tutto ciò? È anche questo uno dei molti effetti disastrosi del berlusconismo, che non si esaurisce in Berlusconi? Sinceramente non saprei, noto solo che, forse per la prima volta, un evento significativo come una manifestazione sfociata in violenza è stato trattato con il linguaggio e le modalità della cronaca nera, dove "er pelliccia con l'estintore", i "black bloc", "la madonnina" e "la maggioranza pacifica" sono diventati tante figurine, al pari di "zio Michele", "Sara", "Amanda e Sollecito", "Olindo e Rosa" e "la casa dell'orrore", "il garage dell'orrore", tutti i vari "piccolo angelo volato in Paradiso" e tutto il resto dei protagonisti e figuranti che riempiono i palinsesti pomeridiani ed i plastici di Vespa. Se ci pensate, qui il modello è quello dei reality show, dove la cronaca diventa un teatrino di legno popolato da burattini privi di anima che si agitano e si picchiano esposti al pubblico insulto o alla pubblica pietà per il diletto di spettatori a volte divisi in fazioni di fan, a volte uniti compatti nel televoto, convinti che ciò che vedono sia la verità e non un'imitazione di essa.
Non sarà quello orwelliano, quindi, ma alla fin fine stiamo assistendo davvero al trionfo di un Grande Fratello.

martedì 18 ottobre 2011

Finalmente qualcosa di intelligente

Visto che sono pigro e oggi non ho niente da scrivere mi limito a consigliarvi questo, tratto dal blog "Parla coi muri". Parla dei disordini a Roma il 15 ottobre e soprattutto delle reazioni ad essi, la caccia al black bloc su facebook e le deliranti proposte di Di Pietro. Sono opinioni che mi trovano daccordo, l'unica pecca è il sottovalutare e svilire il "digitale", ma è un errore comune.

lunedì 17 ottobre 2011

Quei Black Bloc brutti e cattivi

E via, è partita la caccia al "black bloc". In rete è cominciata la denuncia al rioter mentre sui giornali di sinistra parte il ritornello del "isolare i violenti" (i giornali e i tg di destra mi sono rifiutato di guardarli quindi non saprei).
Ora, non ho alcuna simpatia per chi ha spaccato vetrine ed auto a Roma, per nulla, credo sia stata un'azione inutile, moralmente sbagliata e autolesionista dal punto di vista politico (anche da quello di estrema sinistra, la "Rivoluzione" non si fa spaccando vetrine, prima va letto Marx e poi va anche capito). Il risultato è stato quello di rovinare una manifestazione che unita a quelle analoghe avvenute in tutto il mondo poteva essere davvero memorabile; i media questa volta non avrebbero potuto ignorarla. Infatti non l'hanno fatto, ma per altri motivi. Qualcuno ha obiettato che non si cambia il Mondo ballando a ritmo di musica reggae e forse è vero, forse no, ma come ho già scritto dubito che gli Indignados siano in grado di fare una Rivoluzione e in ogni caso la Rivoluzione non si fa spaccando bancomat.
Fin qui, però, ho scritto solo banalità, le stesse che perlopiù si leggono sui giornali e si sentono nei tg. Proviamo ad andare un po' più a fondo, per quanto potrebbe mai fare un borghesuccio riformista come me dall'alto delle sue scuole private (non è vero, ho frequentato solo pubbliche e ne vado fiero, ma alcuni stereotipi vanno coltivati). Chi sono, questi "violenti"? Innanzitutto non chiamateli black bloc, il black bloc è una tattica di piazza nata in Germania negli anni ottanta e ormai non più utilizzata (questo lo dicono gli Wu Ming, che se ne intendono), la quale ha poi finito col dare il proprio nome anche a chi la praticava, assumendo un significato ambiguo e piuttosto generalista. Oltre però ad essere un termine inappropriato, trovo sia meglio non usarlo perchè finisce col demonizzare chi viene etichettato in questo modo e a nessuno interessa mai vedere cosa si cela dietro ai demoni.
Chi sono dunque questi "violenti"? Innanzitutto è bene distinguere tra chi ha reagito, anche in modo esagerato, alle cariche di polizia e chi per primo si è messo a rompere vetrine. I primi infatti hanno avuto una reazione naturale, giusta o sbagliata che sia: si sono sentiti attaccati ed hanno reagito in gruppo contro il nemico comune. Probabilmente in quella situazione avrei agito anch'io così, e sono un moderato, anche se forse mi sarei fermato prima di bruciare la camionetta. È una questione di istinto, se ti senti agredito attacchi, tutto qui.
Però, secondo le prime ricostruzioni, c'è chi ha attaccato per primo. Tralasciando il discorso infiltrati, chi sono costoro? È probabile che ci sia qualcuno davvero convinto che "spaccare tutto" sia la strada per il "Sol dell'Avvenire", non lo nego, ma credo sia una minoranza. Ciò che di peggio è avvenuto a Roma (fuori da Palazzo Chigi, intendo) è frutto di disagio sociale, è la rabbia che serpeggia nella società e che in queste occasioni trova una valvola di sfogo particolarmente distruttiva. Credo non sia un caso che avvenimenti simili siano accaduti anche in Grecia, nei mesi appena trascorsi: la Grecia ha i nostri stessi difetti, ingranditi, e così manifesta ingranditi alcuni fenomeni sociali analoghi ai nostri. Speriamo di poterne uscire, sia noi che i Greci, senza che troppo sangue debba scorrere sulle strade e senza che troppa gente venga abbandonata alla propria povertà.
Questo è ciò che penso e di questo vorrei leggere sui giornali, a scrivere cento volte lo stesso articolo sono capaci tutti.


P.s.
Per esperienza (per quanta possa averne io) so che quando ci sono manifestazioni e scontri le pinioni più interessanti sono quelle che si trovano negli ambienti più radicali, che non hanno bisogno di dover seguire i dettami rigidi del politically correct. Infatti sulla manifestazione di Roma di ormai tre giorni fa ho letto cose interessanti nella discussione sul blog della Wu Ming Foundation. Sono perlopiù opinioni molto radicali, molte non le condivido (resto pur sempre un riformista), ma sono comunque istruttive e decisamente più interessanti di ciò che troverete sulla carta stampata.

domenica 16 ottobre 2011

I miei dubbi sugli #Indignati

In un impeto di autolesionismo, ho deciso di scrivere come primo vero post di questo blog un commento che risulterà certo impopolare, così se mai per sbaglio qualcuno capiterà su questa pagina web mi manderà subito a cagare e chiuderà per sempre la finestra.

Però, cosa ci posso fare? Ho l'inguaribile vizio di dire quello che penso e quindi devo ammettere che faccio davvero fatica ad indetificarmi con gli "indignados", che popolano le piazze di tutto il Mondo occidentale (quelli del Medio Oriente-Mondo arabo non sono indignados, sono un'altra cosa). Non che non abbia simpatia per loro, tutt'altro, vivessi anzi a Roma sarei sceso volentieri a manifestare, è solo che non riesco a sentirmi parte del movimento, mentre non ho avuto troppi problemi ad avvicinarmi al Popolo Viola e sono stato ben felice di schierarmi dalla parte del No-Gelmini Day e dei comitati referendari contro nucleare, privatizzazione dei servizi idrici e "legittimo" impedimento. E perchè con gli Indignati dovrebbe essere diverso? Forse dipende da me, non sono sufficientemente arrabbiato e infondo non ho motivo per esserlo: sono di famiglia benestante e ho buone prospettive per il futuro; questo fa di me un riformista e, purtroppo, anche un moderato. Sono insomma uno di quei "radical chic" scherniti a destra e ridicolizzati a sinistra che negli anni Novanta inseguendo il mito appena scoperto del libero mercato hanno affondato la socialdemocrazia europea (a dire il vero io non sono mai stato liberista ma l'esserlo fa parte del personaggio). Potrebbe però esserci dell'altro, oltre al mio snobismo intellettualoide. Infatti tra gli Indignati e gli altri movimenti che in questi ultimi due anni si sono susseguiti in Italia c'è una sostanziale differenza: gli Indignati non scendono in piazza per un preciso obiettivo (scuola pubblica, dimissioni di Silvio, eccetera), la loro protesta è contro un intero sistema, senza che però sappiano proporre alternative credibili. Questo sistema contro cui combattono infatti è l'intero sistema economico, non le banche, che sono solo un tassello, e neppure soltanto le degenerazioni che il sistema ha sviluppato negli ultimi anni. Lo scopo degli Indignati è dunque abbattere questo sistema, molti di loro forse non ne sono consapevoli poiché il sistema economico è qualcosa di complesso e loro non possono conoscerlo a fondo (neppure io, che ho qualche minima nozione di economia, lo conosco a fondo), ma basti pensare allo slogan più diffuso nelle piazze per accorgersene; "non pagare il vostro debito" vuol dire come minimo il non ricevere più prestiti da alcuna banca e quindi dover imporre pesanti tassazioni per poterne fare a meno (il che forse si potrebbe anche fare), mentre un'ipotesi peggiore comporterebbe il fallimento di numerose banche e industrie, disoccupazione e possibile caduta nel Terzo Mondo, un po' quello che sta rischiando la Grecia. L'alternativa sarebbe fare una Rivoluzione, in questo caso niente più banche, niente più industrie, niente più pesanti tassazioni, disoccupazione, Terzo Mondo eccetera. Per rivoluzionare un sistema però bisogna conoscerlo e saper creare un'alternativa, servirebbe un'ideologia che fornisca le linee guida per un altro "Mondo possibile", ma le ideologie sono state dimenticate mentre usciamo da un ventennio nel quale si pensava che il neoliberismo fosse l'unico modello applicabile, se non addirittura il più desiderabile. Gli Indignados non sono perlopiù vecchi (o nuovi) Comunisti, sono precari o disoccupati incazzati che vorrebbero distruggere un sistema che li ha traditi ma che non sanno cosa costruire sulle sue ceneri.
Questi sono i miei dubbi sugli Indignati. Mi sembra di vedere il movimento Luddista di inizio Ottocento che distruggeva i telai senza saper poi cosa fare, non potendo più tornare a lavorare nei campi liberi che non esistevano più.
Il fatto che una quarantina di anni dopo i Luddisti ci fu il '48 però mi fa ben sperare, anche se questa volta preferirei dover aspettare un po' meno.

P.s.
Chiedo scusa per aver generalizzato, è una cosa che non mi piace fare ma che il mio parlare "in linea generale" in questo caso rende necessario. Non metto in dubbio infatti che tra gli indignados ci siano persone consapevoli di ciò che vogliono fare, ma leggendo le discussioni in questi giorni mi è parso di capire che per la maggioranza valga ciò scritto sopra. Sperando di sbagliarmi, naturalmente.

P.p.s.
Risposta preventiva: forse a qualcuno verrà in mente di obiettare "ma in Islanda non pagano il debito". Dovete considerare però che l'Islanda è autosufficiente per ciò che riguarda le risorse energetiche e inoltre è meno popolata del Molise ed ha un Pil dell'ordine di grandezza di quello della città di Milano. È quindi una realtà troppo distante da quella italiana per poter essere presa a paragone.

Diamine, ho aperto un blog

Va bene, questo blog è iniziato per mancanza di sonno, ma dovrò pur scriverci qualcosa. Ora che ci penso, come farò ad allungare questa colonna dei post, con quello che ho da fare? Perchè io non sono un giornalista o un blogger di professione, e non sono nemmeno Beppe Grillo, cazzo. Devo pensare a studiare, laurearmi, riposarmi dallo studio, leggere qualcosa per non avere una cultura solamente scientifica, dormire almeno quattro ore a notte, nutrirmi, lavoricchiare per potermi nutrire senza dover chiedere i dindini ai genitori e guardare qualche film su Sky Cinema perchè avere il satellite e guardare solo sport è deprimente. Tenendo questo blog dovrei anche leggere altri blog per non rimanere fuori dal mondo, leggere qualche giornale per non rimanere fuori dal mondo reale (anche se si potrebbe obiettare che comunque il digitale è reale), guardare il Tg1 per aver qualcosa di divertente da scrivere quando sono a corto di idee, pensare a cosa scrivere perchè parlare solo del Tg1 è noioso e scoprire come si fa a fare il blogger seriamente. Per uno svogliato cronico come me sono un bel po' di cose.
Va bene, prometto che mi impegnerò a scrivere e pubblicare qualcosa almeno una volta a settimana, se mai qualcuno deciderà di cag... leggere davvero i deliri di un nottambulo ne sarò felice.