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BLOGGER SOTTO ESAMI
Il blogger ha gli esami, l'attività del blog è dunque sospesa e riprenderà regolarmente non prima di ottobre. Sperando che il blogger li passi...

giovedì 27 ottobre 2011

Cosa rimarrà: cosa ricorderanno dell'era berlusconiana

Forse questa è la volta buona, potrebbe essere l'ultimo Governo Berlusconi, il penultimo ad esser pessimisti (ma non troppo), e poi questo troppo lungo ventennio sarà finito e l'Italia si ritroverà più o meno come si era lasciata nel '92, con gli stessi problemi, solo un po' più corrotta e incattivita.
Tra cinquant'anni, però, o anche cento, cosa rimarrà di tutto questo sui libri di storia? Non parlo dei grandi ragionamenti e dei dibattiti degli storici, mi riferisco più a quegli episodi salienti che sintetizzano un'intera epoca, ne mostrano uno spaccato. Personalmente, tra i molti episodi che potrebbero svolgere questo compito, ne identifico tre in particolare che evidenziano ciascuno un aspetto peculiare dell'era politica in cui abbiamo vissuto.
Il primo è l'editto bulgaro. Il 18 aprile 2002, nel corso di una conferenza stampa a seguito di una visita ufficiale a Sofia, Berlusconi dichiarò che "l'uso che Biagi, Santoro e Luttazzi hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso e io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza (quella nominata dal suo Governo) di non permettere più che questo avvenga". Pochi mesi dopo Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi non lavoravano più in Rai e i loro programmi venivano sostituiti da altri, con ascolti molto ridotti; Biagi e Santoro poterono tornare a lavorare per l'azienda pubblica solo con il Governo Prodi. Credo che se qualcuno volesse identificare una "marcia su Roma" berlusconiana dovrebbe guardare proprio a questo evento: Berlusconi mise le proprie mani su tutta la televisione italiana, chiarì che non avrebbe più tollerato opinioni critiche contro di lui. Dall'editto, infatti, per anni più nessuno osò fare satira su Berlusconi, né in Rai né in Mediaset.
L'editto bulgaro però è un fatto rilevante anche per un altro motivo. Ho già scritto che i programmi vennero sostituiti con altri di successo molto più ridotto e questo non è un elemento trascurabile: a prendere la decisione fu una dirigenza nominata dal Governo del proprietario di Mediaset, diretta concorrente della Rai. La conseguenza infatti fu che il programma preserale Striscia la Notizia, nella stessa fascia oraria di quello di Biagi e di quello di Luttazzi, ottenne un record di ascolti e la Rai negli anni successivi visse uno dei periodi peggiori della propria storia, con conseguente arricchimento di Mediaset e del suo proprietario Presidente del Consiglio.
Il secondo tra gli episodi più salienti dell'era berlusconiana è il caso Brancher. Aldo Brancher è un uomo politico italiano, di classe '43, che dopo una breve carriera ecclesiastica e come collaboratore di Famiglia Cristiana venne nel '82 assunto in Fininvest. Negli anni Novanta fu coinvolto in Tangentopoli e accusato di falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti (il primo reato fu poi depenalizzato da Berlusconi, mentre la seconda accusa finì in prescrizione), poi fu coinvolto nello scandalo Antonveneta con l'accusa di ricettazione e appropriazione indebita e per questo motivo la sua carriera politica, iniziata nel '99 tra le fila di Forza Italia, nel giugno 2010 raggiunse il suo vertice con la nomina a ministro. La sua stessa nomina era stata in verità molto travagliata: inizialmente Berlusconi, in calo di consensi, decise di strizzare l'occhio all'elettorato leghista annunciando di voler nominare Brancher Ministro all'attuazione del federalismo, fatto che scatenò molte polemiche: oltre alla perplessità destata dalle accuse pendenti sul politico, si fece notare che già esistevano sia il Ministro all'attuazione del programma sia quello al federalismo, in specie Umberto Bossi. Proprio Bossi infatti alzò la voce, temendo di veder sminuire il proprio ruolo di Ministro, e così Berlusconi, dopo aver negato di voler promuovere Brancher per salvarlo dal processo, decise di assegnargli il fondamentale Ministero per la Sussidiarietà ed il Decentramento, creato ad hoc per l'occasione (pare che quando chiesero a Brancher quali erano i compiti di questo suo nuovo ministero, egli rispose "non lo so"). Così Brancher venne nominato ministro il 18 giugno 2010 e cinque giorni dopo la nomina ad un giornalista che gli chiedeva se si sarebbe presentato in tribunale rispose dicendo "ora penso a lavorare", dichiarando quindi che avrebbe usufruito del legittimo impedimento. Fortunatamente, questa vicenda si è conclusa in breve tempo: la scelta di Brancher di evitare il processo (che è poi il motivo per cui lo hanno fatto ministro) provocò una reazione di sdegno anche all'interno della maggioranza, specie tra i Leghisti che temevano di perdere voti seguendo Berlusconi sulla via dell'impunità, e causò anche una forte opposizione del Capo dello Stato Napolitano, che mise in dubbio la legittimità dell'impedimento. Così meno di tre settimane dopo la nomina il neo-ministro fu costretto a dimettersi, per poi venire condannato in primo grado a due anni di reclusione e 4000 euro di multa. La vicenda però resta esemplare, poiché ben descrive lo scadere delle istituzioni nell'era berlusconiana e l'uso della nomina a cariche pubbliche come "favore personale" del capo a sottoposti ed amici, slegandola del tutto da merito o competenze (non servono competenze, infondo, in un ministero inutile). Il caso Brancher è dunque testimonianza del progressivo svilimento delle istituzioni e degli uomini che le presiedono, nominati soltanto in virtù delle proprie amicizie personali oppure della propria fedeltà al leader di turno. Così ogni autonomia finisce con lo sparire e una carica pubblica diventa semplice strumento nelle mani del Presidente del Consiglio.
Infine, l'ultimo episodio rilevante dell'era berlusconiana di cui voglio parlare sono le risate di Sarkozy e della Merkel al summit europeo dell 23 ottobre 2011. Dopo che a Bruxelles i Primi Ministri e i Presidenti dell'Unione Europea avevano discusso di economia, durante la conferenza stampa un giornalista chiese ai due leader se "il premier italiano vi ha rassicurato sui provvedimenti che prenderà il suo governo". Sarkozy sorrise e sembrò non saper cosa dire, poi si voltò verso Angela Merkel e i due si misero a ridere. Infine, il Presidente francese rispose di aver fiducia nel senso di responsabilità delle autorità italiane (senza più nominare Silvio). Si noti che le risate non erano rivolte all'Italia: il giornalista non ha fatto domande sull'Italia ma su Berlusconi ed è quindi di lui che i due principali leader europei ridevano, a riprova della credibilità internazionale pressoché nulla di questo Governo e del suo leader.
Credo che se il Governo cadesse domani questi sarebbero i tre momenti presenti in ogni libro di storia e citati in ogni resoconto di questi tristi anni Duemila, che si stanno prolungando ormai troppo e che ci auguriamo finiscano presto, prima che io debba aggiungere ulteriori episodi a questo mio elenco.

domenica 23 ottobre 2011

Parlare del #15ott con cognizione di causa

Visto che, come ho già scritto, i media tradizionali si sono rivelati del tutto incapaci di narrare cosa davvero sia accaduto il 15 ottobre a Roma (con pochissime eccezioni) e visto che invece sui blog sto trovando molto materiale interessante, invece di postare di volta in volta i link in modo confuso ho deciso di creare questo post con la funzione di aggregatore di notizie, o meglio di commenti alle notizie, postando qui di volta in volta nuovo materiale che trovo interessante o comunque utile per crearsi un'opinione informata su ciò che è accaduto e che potrebbe riaccadere.


Commenti e discussione sul blog della Wu Ming Foundation, con un dibattito tra sostenitori e critici dei "nerovestiti"

La legge (del) Reale - Parla coi muri, ottimo articolo sulle reazioni al 15 ottobre e sulle cause della violenza in relazione con la società "post-ideologica" e le nuove generazioni

L'opinione dei black bloc, se così volete chiamarci, commento di un "estremista" agli scontri

Senza futuro non c'è Pace. Cosa è successo il #15ottobre - ValigiaBlu, sintesi di vari articoli e intervista ad una fonte vicina al coordinamento del 15 ottobre. Questo è l'articolo migliore, consiglio di aprire anche i link interni allo stesso poiché nel complesso offrono un'ottima panoramica delle differenze tra la componente pacifica del corteo e quella violenta, ognuna con le proprie ragioni e i propri argomenti



Dopo aver letto alcuni di questi articoli credo concorderete con me nel pensare questo: il 15 ottobre 2011 è stata una giornata dall'importanza storica anche perchè, forse per la prima volta, l'informazione via internet e gli articoli sui blog si sono dimostrati di qualità largamente superiore a quella dei media tradizionali, i quali farebbero meglio ad aprire il computer, accendere il wifi e fare un po' di autocritica.

sabato 22 ottobre 2011

Ma parlare di "er pelliccia" non è buon giornalismo

Maledizione, devo tornare a parlare dei fatti di Roma del 15 ottobre, poichè è appena trascorsa una settimana e vanno tirate le somme. La cosa però mi crea disagio, poichè il livello del dibattito pubblico è stato in media talmente basso che ricominciarlo da capo sarebbe davvero una fatica troppo grande per uno svogliato come me. Perciò invece di dire qualcosa di originale mi limiterò a parlare di come altri ne hanno parlato.
Come ho già scritto, infatti, a una settimana esatta da quelle violenze il giornalismo italiano ha dato nel complesso una pessima prova di sè, giudizio nel quale includo anche la maggior parte dei giornalisti antiberlusconiani (e quelli cerchiobottisti in stile Corriere) dai quali invece sarebbe legittimo pretendere del giornalismo serio. Sorvolo sul termine stesso "black bloc", usato impropriamente, termine giornalistico nel quale nessuno tra i "nerovestiti" presenti a Roma si identifica. Sorvolo anche sull'aver letto, persino sui quotidiani nazionali, il termine scritto come "black block", quando basterebbe consultare Wikipedia per avere delucidazioni in proposito.
Ciò su cui proprio non posso sorvolare è che sulle pagine dei quotidiani e nei discorsi fatti tra chi li legge (o peggio tra chi segue solo i tg) l'intera vicenda è stata ridotta ad un"er pelliccia tira un estintore contro i poveri celerini perchè è un pirla e poi si inventa una scusa stupida", dove tutti i manifestanti più estremisti diventano un "er pelliccia" qualsiasi, nemico degli estintori e delle madonnine, e le intere dinamiche sociali che hanno causato quegli avvenimenti si riducono a "è gente che si diverte a farlo", oppure nel migliore dei casi ad un lapalissiano "sono violenti" senza che ci sia neppure un tentativo di capire perchè lo sono. Insomma, si riduce tutto ad una battaglia tra soldatini di piombo, quelli cattivi e quelli buoni, "er pelliccia" da un lato, il "blindato dato alle fiamme" e la "madonnina" in frantumi dall'altra.
I commenti più intelligenti difatti vengono dalla blogosfera e già ne ho linkato qualcuno, tuttavia anche la rete, nel suo complesso, ha dato pessima prova di se, a testimonianza del fatto che non esiste un mondo digitale "parallelo" ma che il web è parte integrante della sociatà, del "mondo reale", e ne condivide pregi e difetti. E in questo caso i difetti sono stati la maggioranza, a partire dalla campagna delatoria "denuncia anche tu un black bloc", che rischia di degenerare in "denuncia anche tu come blac bloc il tuo vicino antipatico" e che comunque, è palese, avrà come unica conseguenza quella del vietare le telecamere alle manifestazioni, a meno che qualcuno non pensi davvero che mettere in galera per qualche mese una decina di "arrabbiati" come pena esemplare serva davvero ad evitare scontri futuri oppure a far sbollire un po di rabbia negli incarcerati. Sul web come spesso accade i "black bloc" sono diventati i nemici di turno, come è successo, senza differenze, a Michele Misseri, Gheddafi o #vascomerda; oppure, altra faccia della medaglia, capita che ci si imbatta in una serie di commenti che dicono che quella di Roma è stata una vittoria poichè gli sbirri si sono fatti più male di "noi" (versione semplicistica delle opinioni in alcuni commenti sul blog degli Wu Ming, ma anche nell'intervista al nerovestito su Repubblica). Anche questo, però, fa parte del dividere il mondo in buoni e cattivi, senza preoccuparsi di capire davvero chi sia in realtà il cattivo di turno e quali siano le sue ragioni e i suoi "meccanismi".

A questo punto, mi verrebbe da chiedere, come siamo arrivati a tutto ciò? È anche questo uno dei molti effetti disastrosi del berlusconismo, che non si esaurisce in Berlusconi? Sinceramente non saprei, noto solo che, forse per la prima volta, un evento significativo come una manifestazione sfociata in violenza è stato trattato con il linguaggio e le modalità della cronaca nera, dove "er pelliccia con l'estintore", i "black bloc", "la madonnina" e "la maggioranza pacifica" sono diventati tante figurine, al pari di "zio Michele", "Sara", "Amanda e Sollecito", "Olindo e Rosa" e "la casa dell'orrore", "il garage dell'orrore", tutti i vari "piccolo angelo volato in Paradiso" e tutto il resto dei protagonisti e figuranti che riempiono i palinsesti pomeridiani ed i plastici di Vespa. Se ci pensate, qui il modello è quello dei reality show, dove la cronaca diventa un teatrino di legno popolato da burattini privi di anima che si agitano e si picchiano esposti al pubblico insulto o alla pubblica pietà per il diletto di spettatori a volte divisi in fazioni di fan, a volte uniti compatti nel televoto, convinti che ciò che vedono sia la verità e non un'imitazione di essa.
Non sarà quello orwelliano, quindi, ma alla fin fine stiamo assistendo davvero al trionfo di un Grande Fratello.

martedì 18 ottobre 2011

Finalmente qualcosa di intelligente

Visto che sono pigro e oggi non ho niente da scrivere mi limito a consigliarvi questo, tratto dal blog "Parla coi muri". Parla dei disordini a Roma il 15 ottobre e soprattutto delle reazioni ad essi, la caccia al black bloc su facebook e le deliranti proposte di Di Pietro. Sono opinioni che mi trovano daccordo, l'unica pecca è il sottovalutare e svilire il "digitale", ma è un errore comune.

lunedì 17 ottobre 2011

Quei Black Bloc brutti e cattivi

E via, è partita la caccia al "black bloc". In rete è cominciata la denuncia al rioter mentre sui giornali di sinistra parte il ritornello del "isolare i violenti" (i giornali e i tg di destra mi sono rifiutato di guardarli quindi non saprei).
Ora, non ho alcuna simpatia per chi ha spaccato vetrine ed auto a Roma, per nulla, credo sia stata un'azione inutile, moralmente sbagliata e autolesionista dal punto di vista politico (anche da quello di estrema sinistra, la "Rivoluzione" non si fa spaccando vetrine, prima va letto Marx e poi va anche capito). Il risultato è stato quello di rovinare una manifestazione che unita a quelle analoghe avvenute in tutto il mondo poteva essere davvero memorabile; i media questa volta non avrebbero potuto ignorarla. Infatti non l'hanno fatto, ma per altri motivi. Qualcuno ha obiettato che non si cambia il Mondo ballando a ritmo di musica reggae e forse è vero, forse no, ma come ho già scritto dubito che gli Indignados siano in grado di fare una Rivoluzione e in ogni caso la Rivoluzione non si fa spaccando bancomat.
Fin qui, però, ho scritto solo banalità, le stesse che perlopiù si leggono sui giornali e si sentono nei tg. Proviamo ad andare un po' più a fondo, per quanto potrebbe mai fare un borghesuccio riformista come me dall'alto delle sue scuole private (non è vero, ho frequentato solo pubbliche e ne vado fiero, ma alcuni stereotipi vanno coltivati). Chi sono, questi "violenti"? Innanzitutto non chiamateli black bloc, il black bloc è una tattica di piazza nata in Germania negli anni ottanta e ormai non più utilizzata (questo lo dicono gli Wu Ming, che se ne intendono), la quale ha poi finito col dare il proprio nome anche a chi la praticava, assumendo un significato ambiguo e piuttosto generalista. Oltre però ad essere un termine inappropriato, trovo sia meglio non usarlo perchè finisce col demonizzare chi viene etichettato in questo modo e a nessuno interessa mai vedere cosa si cela dietro ai demoni.
Chi sono dunque questi "violenti"? Innanzitutto è bene distinguere tra chi ha reagito, anche in modo esagerato, alle cariche di polizia e chi per primo si è messo a rompere vetrine. I primi infatti hanno avuto una reazione naturale, giusta o sbagliata che sia: si sono sentiti attaccati ed hanno reagito in gruppo contro il nemico comune. Probabilmente in quella situazione avrei agito anch'io così, e sono un moderato, anche se forse mi sarei fermato prima di bruciare la camionetta. È una questione di istinto, se ti senti agredito attacchi, tutto qui.
Però, secondo le prime ricostruzioni, c'è chi ha attaccato per primo. Tralasciando il discorso infiltrati, chi sono costoro? È probabile che ci sia qualcuno davvero convinto che "spaccare tutto" sia la strada per il "Sol dell'Avvenire", non lo nego, ma credo sia una minoranza. Ciò che di peggio è avvenuto a Roma (fuori da Palazzo Chigi, intendo) è frutto di disagio sociale, è la rabbia che serpeggia nella società e che in queste occasioni trova una valvola di sfogo particolarmente distruttiva. Credo non sia un caso che avvenimenti simili siano accaduti anche in Grecia, nei mesi appena trascorsi: la Grecia ha i nostri stessi difetti, ingranditi, e così manifesta ingranditi alcuni fenomeni sociali analoghi ai nostri. Speriamo di poterne uscire, sia noi che i Greci, senza che troppo sangue debba scorrere sulle strade e senza che troppa gente venga abbandonata alla propria povertà.
Questo è ciò che penso e di questo vorrei leggere sui giornali, a scrivere cento volte lo stesso articolo sono capaci tutti.


P.s.
Per esperienza (per quanta possa averne io) so che quando ci sono manifestazioni e scontri le pinioni più interessanti sono quelle che si trovano negli ambienti più radicali, che non hanno bisogno di dover seguire i dettami rigidi del politically correct. Infatti sulla manifestazione di Roma di ormai tre giorni fa ho letto cose interessanti nella discussione sul blog della Wu Ming Foundation. Sono perlopiù opinioni molto radicali, molte non le condivido (resto pur sempre un riformista), ma sono comunque istruttive e decisamente più interessanti di ciò che troverete sulla carta stampata.

domenica 16 ottobre 2011

I miei dubbi sugli #Indignati

In un impeto di autolesionismo, ho deciso di scrivere come primo vero post di questo blog un commento che risulterà certo impopolare, così se mai per sbaglio qualcuno capiterà su questa pagina web mi manderà subito a cagare e chiuderà per sempre la finestra.

Però, cosa ci posso fare? Ho l'inguaribile vizio di dire quello che penso e quindi devo ammettere che faccio davvero fatica ad indetificarmi con gli "indignados", che popolano le piazze di tutto il Mondo occidentale (quelli del Medio Oriente-Mondo arabo non sono indignados, sono un'altra cosa). Non che non abbia simpatia per loro, tutt'altro, vivessi anzi a Roma sarei sceso volentieri a manifestare, è solo che non riesco a sentirmi parte del movimento, mentre non ho avuto troppi problemi ad avvicinarmi al Popolo Viola e sono stato ben felice di schierarmi dalla parte del No-Gelmini Day e dei comitati referendari contro nucleare, privatizzazione dei servizi idrici e "legittimo" impedimento. E perchè con gli Indignati dovrebbe essere diverso? Forse dipende da me, non sono sufficientemente arrabbiato e infondo non ho motivo per esserlo: sono di famiglia benestante e ho buone prospettive per il futuro; questo fa di me un riformista e, purtroppo, anche un moderato. Sono insomma uno di quei "radical chic" scherniti a destra e ridicolizzati a sinistra che negli anni Novanta inseguendo il mito appena scoperto del libero mercato hanno affondato la socialdemocrazia europea (a dire il vero io non sono mai stato liberista ma l'esserlo fa parte del personaggio). Potrebbe però esserci dell'altro, oltre al mio snobismo intellettualoide. Infatti tra gli Indignati e gli altri movimenti che in questi ultimi due anni si sono susseguiti in Italia c'è una sostanziale differenza: gli Indignati non scendono in piazza per un preciso obiettivo (scuola pubblica, dimissioni di Silvio, eccetera), la loro protesta è contro un intero sistema, senza che però sappiano proporre alternative credibili. Questo sistema contro cui combattono infatti è l'intero sistema economico, non le banche, che sono solo un tassello, e neppure soltanto le degenerazioni che il sistema ha sviluppato negli ultimi anni. Lo scopo degli Indignati è dunque abbattere questo sistema, molti di loro forse non ne sono consapevoli poiché il sistema economico è qualcosa di complesso e loro non possono conoscerlo a fondo (neppure io, che ho qualche minima nozione di economia, lo conosco a fondo), ma basti pensare allo slogan più diffuso nelle piazze per accorgersene; "non pagare il vostro debito" vuol dire come minimo il non ricevere più prestiti da alcuna banca e quindi dover imporre pesanti tassazioni per poterne fare a meno (il che forse si potrebbe anche fare), mentre un'ipotesi peggiore comporterebbe il fallimento di numerose banche e industrie, disoccupazione e possibile caduta nel Terzo Mondo, un po' quello che sta rischiando la Grecia. L'alternativa sarebbe fare una Rivoluzione, in questo caso niente più banche, niente più industrie, niente più pesanti tassazioni, disoccupazione, Terzo Mondo eccetera. Per rivoluzionare un sistema però bisogna conoscerlo e saper creare un'alternativa, servirebbe un'ideologia che fornisca le linee guida per un altro "Mondo possibile", ma le ideologie sono state dimenticate mentre usciamo da un ventennio nel quale si pensava che il neoliberismo fosse l'unico modello applicabile, se non addirittura il più desiderabile. Gli Indignados non sono perlopiù vecchi (o nuovi) Comunisti, sono precari o disoccupati incazzati che vorrebbero distruggere un sistema che li ha traditi ma che non sanno cosa costruire sulle sue ceneri.
Questi sono i miei dubbi sugli Indignati. Mi sembra di vedere il movimento Luddista di inizio Ottocento che distruggeva i telai senza saper poi cosa fare, non potendo più tornare a lavorare nei campi liberi che non esistevano più.
Il fatto che una quarantina di anni dopo i Luddisti ci fu il '48 però mi fa ben sperare, anche se questa volta preferirei dover aspettare un po' meno.

P.s.
Chiedo scusa per aver generalizzato, è una cosa che non mi piace fare ma che il mio parlare "in linea generale" in questo caso rende necessario. Non metto in dubbio infatti che tra gli indignados ci siano persone consapevoli di ciò che vogliono fare, ma leggendo le discussioni in questi giorni mi è parso di capire che per la maggioranza valga ciò scritto sopra. Sperando di sbagliarmi, naturalmente.

P.p.s.
Risposta preventiva: forse a qualcuno verrà in mente di obiettare "ma in Islanda non pagano il debito". Dovete considerare però che l'Islanda è autosufficiente per ciò che riguarda le risorse energetiche e inoltre è meno popolata del Molise ed ha un Pil dell'ordine di grandezza di quello della città di Milano. È quindi una realtà troppo distante da quella italiana per poter essere presa a paragone.

Diamine, ho aperto un blog

Va bene, questo blog è iniziato per mancanza di sonno, ma dovrò pur scriverci qualcosa. Ora che ci penso, come farò ad allungare questa colonna dei post, con quello che ho da fare? Perchè io non sono un giornalista o un blogger di professione, e non sono nemmeno Beppe Grillo, cazzo. Devo pensare a studiare, laurearmi, riposarmi dallo studio, leggere qualcosa per non avere una cultura solamente scientifica, dormire almeno quattro ore a notte, nutrirmi, lavoricchiare per potermi nutrire senza dover chiedere i dindini ai genitori e guardare qualche film su Sky Cinema perchè avere il satellite e guardare solo sport è deprimente. Tenendo questo blog dovrei anche leggere altri blog per non rimanere fuori dal mondo, leggere qualche giornale per non rimanere fuori dal mondo reale (anche se si potrebbe obiettare che comunque il digitale è reale), guardare il Tg1 per aver qualcosa di divertente da scrivere quando sono a corto di idee, pensare a cosa scrivere perchè parlare solo del Tg1 è noioso e scoprire come si fa a fare il blogger seriamente. Per uno svogliato cronico come me sono un bel po' di cose.
Va bene, prometto che mi impegnerò a scrivere e pubblicare qualcosa almeno una volta a settimana, se mai qualcuno deciderà di cag... leggere davvero i deliri di un nottambulo ne sarò felice.