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NOTA BENE: Questo blog è gestito da un niubbo alle prime armi, quindi non incazzatevi se commetto errori. Qualsiasi consiglio è ben accetto e prego che le critiche siano moderate. Ogni insulto verrà punito da uno squadrone di gnomi verdi, pena commutabile in ban

BLOGGER SOTTO ESAMI
Il blogger ha gli esami, l'attività del blog è dunque sospesa e riprenderà regolarmente non prima di ottobre. Sperando che il blogger li passi...

mercoledì 28 marzo 2012

"Cascata di capelli mossi e neri" (poesia di Carlo Odisseo)


Cascata di capelli mossi e neri
Si scioglie la tua chioma sulle spalle
Sorridi tu e cominci a riacconciarla
In una crocchia semplice e un po' storta


"Insomma, sono ancora spettinata"
Non sai quanto sei bella se sorridi
Nei tuoi capelli avvolta a mo' di scialle
"Ma tanto resti brutta come prima"


"Oh grazie, che gentile, un complimento"
"Ma sì, dai, sto scherzando, già lo sai"
Ti amo e non so dirti ciò che sento


"Sai? con il mio ragazzo vado al mare.
Ma tu hai lo sguardo spento, come stai?"
"Sto bene, tutto ok, non mi lamento"

(Carlo Odisseo)


Non so come io ci sia riuscito, ma ho convinto il mio amico Carlo Odisseo a lasciarmi pubblicare questa sua poesia, il che è un evento piuttosto raro, lui in genere è molto (molto molto molto) riservato, specie riguardo a questioni di "cuore". Però a me questa poesia piace molto, rivela un aspetto del mio amico che lui di solito non mostra, celato sotto la sua maschera di riserbo e freddezza. Così ho insistito, fino a che lui non ha ceduto, l'ho preso per sfinimento e lui, per non dovermi più sentire, mi ha detto di sì. Perseverando si ottengono molte cose.
Però, lui ha accampato una scusa per giustificare questa sua capitolazione. "Questa poesia parla di un sentimento che non provo più, è frutto di un amore, anzi di un innamoramento, ormai finito. Perciò non è più parte di me e quindi posso anche lasciartela", questo mi ha detto. Che sia vero o sia solo una scusa, non lo so, è anche per me imperscrutabile.
Comunque, ditemi cosa ne pensate.



P.s.
È vero, con tutto quello che ci sarebbe da dire in questi giorni io me la cavo con una poesia del mio amico Carlo. Ma, davvero, sono troppo impegnato, non ho trovato il tempo di scrivere un buon articolo informato, anche perché temi come la riforma del lavoro non sono facili e richiedono un po' di studio preliminare, però non voglio scrivere articoli superficiali e banali solo per riempire un post. Quindi per questo giro ricorro all'aiuto del mio amico scrittore (in erba). Vedrò di cavarmela meglio la prossima volta.
Però, in effetti, una poesia è poco comunque. Forse quindi pubblicherò anche qualcosa d'altro questa settimana, magari un altro racconto di Carlo se riesco a convincerlo a prestarmene uno. Non vi assicuro niente. Abbiate pazienza.

domenica 18 marzo 2012

La semplificazione dei concetti (Twitter ma non solo)

Michele Serra ha ragione (senza offesa per Twitter). Forse non completamente ragione, ma ha più ragione che torto.
Ok, per chi non si fosse mai connesso a internet negli ultimi tre giorni (poi spiegatemi come fate) ecco un breve riassunto delle puntate precedenti: Michele Serra, grande scrittore satirico e ora autore su la Repubblica tre giorni fa se ne è uscito con un'Amaca (breve scritto più o meno umoristico e in non più di 1500 caratteri) con un'affermazione che ha scatenato le ire di molti fan italiani dell'uccellino azzurro: "twitter mi fa schifo", anzi #TwittermifaSchifo, sacrilegio. Il giorno dopo Serra ha pubblicato, sempre su la Repubblica, un articolo in cui spiega il senso della tanto criticata affermazione e sottolinea come la sua critica alla superficialità di Twitter sia stata tanto attaccata mentre un'analoga critica alla superficialità dei quotidiani, scritta da lui il giorno prima, abbia ricevuto sul social network grandi apprezzamenti (il che è vero, digitate "Michele Serra" su Twitter, scorrete i commenti verso il basso e lo vedrete voi stessi).
Certo, se Serra usasse Twitter forse la sua opinione sarebbe un po' più morbida, poiché Twitter se usato bene può essere uno strumento dotato di grande versatilità: la possibilità di scegliere con grande libertà chi seguire e lo scarso ingombro che il singolo tweet ha sullo schermo permette di avere una homepage ricca di contenuti interessanti, spesso anche più interessanti di ciò che si legge sui quotidiani, molto più di quanto non lo permetta, per esempio, Facebook (senza offesa per Facebook) e lo rende il social network ideale, tra quelli più famosi, per chi usa molto gli smartphone. Inoltre, il limite a 140 caratteri, tanto criticato, può costituire invece uno stimolo alla fantasia impensabile altrimenti, basti pensate alle #storiebrevi di @Einaudieditore, che invitava i follower ad inventare una storia della lunghezza di un tweet, fantastico.
Tuttavia, la questione resta, #storiebrevi o meno Twitter diventa sempre di più un luogo in cui sparare cazzate gratuite per sentirsi importanti (un po' come questo blog...) e i follower di una casa editrice sono comunque meno di quelli di uno pseudo-cantante pop per bimbemink... ragazzine (si digiti a proposito "Justin Bieber"). Per lo stesso motivo, il buon Gilioli di Piovono Rane (che comunque è bravo e consiglio di seguire) ha poco da scrivere che "su #Twitter si possono segnalare e linkare pure post lunghissimi, ragionatissimi e sfumatissimi": in pochi lo fanno e quelli che aprono i link sono ancor meno. La tendenza è un'altra.
Però, forse il commento più intelligente fatto sulla questione è quello degli Wu Ming. Anzi, per la verità si può parlare di pre-commento, nel senso che è stato scritto un mese e mezzo fa, ma si presta perfettamente alla discussione Serra-Twitter. Gli Wu Ming in realtà, a differenza di Serra, sono sempre stati piuttosto "al passo coi tempi" per ciò che riguarda i social media e sono stati utenti Twitter per molto tempo, poi però hanno deciso di "ridimensionare la nostra attività su quel social network", come si legge in questo post, nel quale gli scrittori spiegano anche che "c’è chi ha detto che un social network come Twitter è solo lo specchio della società. La metafora ci sembra inappropriata: uno specchio non accelera la tendenza all’entropia della realtà che riflette. Con la sua forsennata, ansiogena pulsione all'immediatezza degli scambi, un mezzo come Twitter, se usato assecondandone in toto la logica anziché contrastandola con l’autodisciplina e la creatività, diventa peggiorativo della realtà che trova, ne amplifica i tratti più retrivi. Se la parola fugge in avanti prima che si formi il pensiero, se quel che conta è l’iper-velocità nel rispondere, fatalmente si tira fuori il peggio".
Qui sta il punto, Twitter risulta il mezzo ideale per accelerare una tendenza già presente nella società e nel mondo dell'informazione e che esisterebbe anche senza Twitter: quella a semplificare fino all'estremo gli eventi e i concetti. Se hai tanto spazio e voglia di scrivere può darsi che finisci con lo scrivere qualcosa di più di ciò che avevi in mente all'inizio (a me capita sempre), e se poi finisci con lo scrivere boiate superficiali può darsi che, se c'è lo spazio, qualcun'altro ti corregga. Purtroppo Twitter, che comunque ha molti pregi, non ha queste caratteristiche e così può rivelarsi distruttivo per ciò che riguarda l'esprimere opinioni facili in cui la sintesi, caratteristica essenziale del social network, diventa semplicismo.
Questa tendenza a semplificare i concetti e i contenuti però è ben presente anche al di fuori dei social network. Si potrebbe citare le teorie del complotto, che si fondano su una visione semplificata della realtà a partire da quando sostengono che la storia sia mossa da ristretti gruppi di persone ai vertici del potere mondiale, ignorando le complesse dinamiche economiche e sociali che la percorrono. Tuttavia, prendersela con i complottisti è troppo facile. Come ho già scritto in proposito delle manifestazioni del 15 Ottobre e come potrei scrivere anche a proposito dei No-Tav, è proprio sui media tradizionali, giornali e tv, che si assiste ad una sempre maggiore semplificazione della realtà. Il 15 Ottobre sarebbe potuto essere una occasione per discutere del perché le manifestazioni virano sulla violenza, invece si è ridotto tutto a "er pelliccia", così come tutta la vicenda No-Tav è stata riassunta nell'insulto "pecorella": in entrambi i casi su tv e giornali il movimento di turno è stato suddiviso in "buoni" e "cattivi", additando i secondi al pubblico biasimo. Il che equivale a fare "in grande" ciò che Serra ha accusato gli utenti di Twitter di fare "in piccolo", ridurre tutto a opinioni drastiche e sommarie. Con la conseguente (o antecedente, non saprei) estremizzazione anche della controparte, che tende ad assumere posizioni della semplicità di uno slogan.
In linea generale, dunque, Twitter, quando usato male, si limita ad amplificare una tendenza, diffusa in tutta la società, che porta alla semplificazione estrema dei concetti e delle posizioni, con la conseguenza che ogni possibile dialettica viene ridotta a contrapposizione di slogan di fonti opposti, che in alcuni casi arrivano a non riuscire neppure a guardarsi più in faccia.

Ma allora, è tutto da buttare? Siamo irrimediabilmente condannati a ragionare per parole d'ordine e frasi fatte? No, non credo. Le posizioni ed i dibattiti approfonditi esistono, di molti colori diversi e forse anche più che in passato, basta saperli cercare. Dove? Beh, mi viene in mente il dibattito su MicroMega in corso in questi mesi sul superamento del Postmodernismo in filosofia, certamente non semplice e semplicistico ma tutt'altro che elitario (se ne discute sulle pagine di giornale, non in un salotto o a colpi di saggi che solo gli esperti leggeranno). Però, se volete qualcosa di più alla portata di tutti (diciamo, di molti), il luogo ideale è sempre il web. Non so se ve ne siete accorti, ma nella colonnina a destra del mio blog sono segnalati pagine e blog che vi suggerirei di frequentare di tanto in tanto, poiché di buona qualità; lì in genere potrete trovare post e commenti privi del semplicismo che spesso si trova altrove.

Però, restano comunque solo isole felici, la maggioranza è altro. Spetta anche a noi blogger, quindi, cambiare le cose, e magari anche a voi lettori. Se avete qualcosa da dire, pensate di avere opinioni intelligenti (almeno un po') e che anche altri dovrebbero condividere, fate come me, aprite un blog e scrivetele. Badate però a curare la qualità di ciò che postate, non scrivete la prima cazzata che vi viene in mente poiché di cazzate ce ne sono già troppe. In un'epoca in cui chiunque non vede l'ora di dire la sua su ogni cosa, è necessario cominciare a misurare le parole contarle. Postate ma postate di qualità e approfondito, è il modo migliore per contrastare la semplificazione dei concetti, che comporta la semplificazione dei pensieri con tutto ciò che ne consegue.
Il sonno della ragione genera mostri, ma il sonno della ragione oggi non è mancanza di istruzione, è pigrizia di pensiero.

P.s.
Per garantire una certa qualità a ciò che scrivo, io cerco di seguire le mie cinque regole di buon posting, se volete, fate pure come me.

domenica 11 marzo 2012

Breve saggio contro l'Amore (di Carlo Odisseo)

Salve, il mio nome è Carlo Odisseo e con questo articolo mi impegno a dimostrare contro ogni ragionevole dubbio che l'Amore, inteso non come affetto ma come amore tra uomo e donna (o donna-donna o uomo-uomo, ma ci siamo capiti), è per l'Uomo un nemico e causa di grande dolore ed è quindi da evitare il più possibile e fuggire appena se ne ha la possibilità. Per dimostrare questa mia tesi esporrò tre obiezioni contro l'Amore.

Per prima cosa, un'obiezione sull'oggetto: noi non conosciamo davvero chi amiamo. L'Uomo non conosce davvero la realtà ma soltanto l'immagine che ha di essa e questo vale anche per la persona amata. Anzi, vale soprattutto per chi si ama poiché è il sentimento stesso a distorcere la realtà facendoci apparire quella persona migliore di ciò che in realtà è. Noi non amiamo una persona ma solo l'idea che abbiamo di lei, ci innamoriamo di un fantasma da noi stessi creato, il quale, per sua stessa natura, potrebbe dissolversi in ogni momento lasciandoci senza nulla tra le braccia. Perciò, spendiamo impegno e fatica in nome di un nostro stesso inganno e questo è per noi, uomini e donne, un male.
La seconda obiezione che ho sull'Amore è un'obiezione di durata: l'Amore può non durare per sempre. Così, noi ci innamoriamo di una persona, la sposiamo e abbiamo figli con lei, poi però l'Amore finisce ed ecco che ci ritroviamo a dover vivere una vita che non vogliamo più, fino alla morte. Questa però, in effetti, potrebbe essere semplicemente un'obiezione all'impegno e al matrimonio, non all'Amore in quanto tale: sarebbe sufficiente conservare la libertà di concludere una relazione quando l'Amore cessa di animarla. In realtà però le cose sono ben peggiori: peggio dell'amore che finisce c'è l'Amore che potrebbe non finire mai. È un bene questo, dite, che non finisca? Allora forse non sapete cosa voglia dire essere innamorati di qualcuno che non vi ricambia. Se tra due amanti uno smette di amare, l'augurio peggiore che si possa fare all'altro è di amare per sempre. Così, l'Amore ci porta a incatenarci in una prigione a vita oppure ci condanna ad un'agonia che può essere eterna. Entrambi due rischi notevoli e sempre presenti.
Infine, ecco la terza obiezione all'Amore, o obiezione aurea, che le racchiude tutte: l'Amore è un male perché ci spinge a porre tutta la nostra felicità nelle mani di qualcun altro. Ci spinge a far dipendere la nostra felicità dalla volontà di una persona diversa da noi stessi, che potrebbe fare della nostra vita ciò che vuole, ma anche potrebbe ferirci senza volerlo e condannarci all'infelicità per semplice imprudenza. A causa dell'Amore non siamo più padroni della nostra felicità, che è una condizione anche peggiore del non esserlo della propria vita. L'Amore ci rende schiavi.
Ecco perché l'Amore ci è nemico e perché sarebbe bene non amare, mai.
Questo però non è possibile. Penso che l'Uomo abbia due necessità imprescindibili, impresse indelebili in sé stesso, quella di amare e di essere amato. Dell'Amore l'Uomo non può fare a meno.

Ma allora che fare? Come salvarsi da sicuro dolore? Una soluzione potrebbe essere il dedicarsi agli affetti, cioè sfogare quella necessità di Amore tramite un'amore più dolce e più lontano dall'Assoluto, ovvero l'amore per gli amici, per la famiglia, per i propri cari. Certo, anche questo amore può ferirci così come può fare l'Amore che prima ho scongiurato, ma le sue ferite saranno più lievi, non perché sia un amore più debole ma perché è più diffuso, meglio distribuito tra varie persone. Se un amico ci tradisce, ne abbiamo un'altro che può consolarci e a cui noi possiamo volere bene. Però, non sempre questo amore è sufficiente, l'Amore bruciante nella sua assolutezza reclama sempre la nostra attenzione e vuole essere soddisfatto.
Un'altra risposta alle necessità di amare e di essere amati può essere il soddisfarle entrambe ad un tempo, amando sé stessi. La soluzione è innamorarsi di sé stessi, cercare in ogni modo di esaltare la propria persona e desiderare il proprio bene, il proprio "meglio", così come si desidera il bene di una persona amata. Amare sé stessi e solo sé stessi, in modo assoluto ed esclusivo, questo è l'unico Amore che può invalidare le mie tre obiezioni, poiché noi conosciamo noi stessi meglio di chiunque altro e siamo da noi stessi ricambiati. Tuttavia, questo è un Amore difficilissimo da alimentare, poiché necessità la soddisfazione continua del proprio narcisismo e rende quindi insopportabile ogni fallimento. Amando sé stessi non si ha nessun altro su cui contare per rialzarsi dopo ogni caduta. L'amore di sé stessi è un Amore disperato, che consuma l'Uomo come la fiamma una candela.

Questi sono i soli rimedi che mi sento di proporre alla maledizione dell'Amore, non ne conosco altri. Il mio augurio è di non averne mai bisogno, ma in caso contrario, lettore, scegli a quale dei due affidarti, sapendo che ciascuno ha i suoi pregi e i suoi difetti, oppure sii bilanciato tra i due, adottando ora l'uno ora l'altro.
Tuttavia, tutto questo è impossibile. Tutto il discorso che ho fatto finora in verità è inutile e il motivo è semplice: non solo non possiamo decidere di non amare, noi non possiamo neppure decidere chi amare. Sull'Amore non abbiamo alcun potere e opponendoci a lui non possiamo che venire sconfitti, inevitabilmente.
Perciò, è inutile cercare rimedio, un rimedio non c'è. All'Amore non c'è cura. Possiamo solo sperare, mentre il caso, o il destino, fa il suo gioco.

sabato 3 marzo 2012

Che nascano gli Stati Uniti d'Europa!

A questo post devo anteporre una premessa: ero indeciso se scriverlo o no. Questo non perché io non pensi davvero ciò che scrivo, è chiaro, ma per la complessità del tema. Oggi infatti parlerò di crisi economica, Unione Europea, cultura europea, Europa, toccando argomenti che potrebbero esulare dalle mie competenze e correndo quindi il rischio di violare la terza delle mie regole di buon posting: non parlare di ciò che non conosci. Quindi, prima di tutto, chiarisco una cosa: ciò che scrivo è soltanto la mia personale opinione, il mio punto di vista. Non ho intenzione di rivelare verità insindacabili, solo spiegare come io vedo le cose riguardo argomenti di cui non sono esperto. Io sono solo un pirla qualsiasi con un blog e mi limito a dirvi ciò che penso, poiché almeno per ciò che riguarda il mio pensiero ho le competenze necessarie.

Ma veniamo ai fatti. Un paio di giorni fa ho letto su la Repubblica (poi ritrovato sul sito di MicroMega) questo interessante articolo di Paul Krugman, Nobel per l'economia nel 2008. Consiglierei di leggerlo anche a voi, ma nel caso non ne abbiate voglia (male, molto male) vi dico che in sintesi Krugman sostiene, con ottimi argomenti, che "la vera malattia che piega l'Europa" (questo il titolo) non è il suo welfare avanzato, come sostengono i Repubblicani Usa, e neppure i deficit di bilancio degli anni passati di alcuni dei suoi Stati, come ritiene il governo tedesco, bensì l'aver introdotto "una valuta unica senza aver preventivamente creato le istituzioni necessarie a farla funzionare a dovere". In sintesi, gli attuali problemi economici dell'Europa derivano dall'aver introdotto troppo presto l'Euro.
Qui Krugman si ferma: l'articolo in questione è stato scritto per un pubblico americano e solo in seguito tradotto: le intenzioni dell'autore non sono quindi quelle di dire cosa dovrebbe fare l'Europa, ma solo spiegare perché gli Stati Uniti non corrono i suoi stessi rischi. Per questo, nel mio piccolo e pur non aspirando a confrontarmi con un tale economista, provo a dire qualcosa in più di quanto non abbia già fatto lui.
Krugman sostiene indirettamente che l'introduzione dell'Euro è stata prematura. Che si condivida o no questa opinione, fatto sta che ora l'Euro c'è e, soprattutto, la sua introduzione è stata un passo fondamentale per l'unificazione economica e commerciale dell'Europa. Quindi è l'Unione Europea stessa ad essere messa in discussione, poiché per un suo rafforzamento l'unificazione delle valute era imprescindibile. In effetti, a pensarci bene, la situazione attuale dell'Unione Europea è singolare: a fronte di un'unificazione economica molto avanzata il processo di unificazione politica è ancora arretrato, i singoli Stati hanno accettato di abbattere le dogane e creare una moneta unica ma rifiutano di cedere parte della propria sovranità politica ad un entità superiore che nascerebbe dalla sintesi delle parti. Il che in effetti era prevedibile, in tempi liberisti abbattere le dogane è cosa che piace un po' a tutti, cedere sovranità invece vuol dire che i governi nazionali accettano volontariamente di ridurre il proprio potere: capirete che non è una cosa che un governante fa volentieri. Questa disparità tra unione economica e politica oggi però fa sentire tutto il suo peso: le decisioni economiche comunitarie vengono prese dai capi di Stato dei singoli Paesi, i quali però sono eletti dai propri cittadini a livello nazionale e non europeo e quindi, inevitabilmente, perseguono unicamente (o almeno principalmente) gli interessi del proprio Paese di appartenenza, soprattutto in situazioni di crisi economica in cui prendere in considerazione anche i bisogni dei propri partner europei viene da molti elettori visto come un lusso, una carità che non è il caso fare quando le cose vanno male. Non è un caso per esempio che la riluttanza della Merkel ad aiutare la Grecia incontri il favore di molti Tedeschi.
Così, a comandare sono di fatto gli Stati più forti, cioè più ricchi, come la Germania (inevitabilmente, a prendere decisioni è chi poi deve mettere i soldi), mentre i bisogni dei Paesi più deboli, come la Grecia, passano in secondo piano. La situazione che viene a crearsi comporta spesso ostilità verso l'Unione Europea stessa, da parte dei cittadini, e inimicizia tra i suoi membri. È una condizione instabile e non può e non deve durare.
Due sole quindi sono le strade possibili: sciogliere l'Unione Europea o portarla a compimento.
Entrambe le strade comporterebbero molti problemi e difficoltà e il percorso sarebbe in entrambi i casi lungo e tortuoso, ma le alternative possibili sono queste e non altre. Io credo si debba optare per la seconda: l'Unione Europea va completata con la creazione di una Confederazione Europea dotata di un Parlamento ed un Governo che abbiano poteri superiori a quelli dei governi nazionali, in ambito di politica estera ed economica, e siano eletti a suffragio universale a livello europeo, senza dipendere dai singoli Stati. Una Confederazione, una nuova Unione, che prenda per modello gli Stati Uniti, se non quelli di oggi almeno quelli post-indipendenza, con ampissime autonomie locali ma con una politica comune per quelli che sono i temi principali di cui uno Stato (uno Stato unico) deve occuparsi.
Ma perché mai proseguire lungo la strada dell'Unione Europea sarebbe preferibile? Perché non scioglierla e ognuno pensi a sé stesso?
Innanzitutto, l'Unione ha l'indiscutibile merito di aver contribuito a garantire un lungo periodi assenza di guerre nell'Europa occidentale, la cui durata è stata difficilmente eguagliata in passato. Inoltre, perché uniti si è più forti su scena internazionale (o intercontinentale): difronte ai risorti Giganti d'Asia e alla loro forza economica e demografica presto ogni singolo Stato europeo non conterà più nulla, Germania inclusa, mentre l'Unione potrà guadagnarsi lo status di "potenza" dal punto di vista sia economico che politico e discutere con la Cina da pari. Divisi siamo deboli, uniti siamo forti.
Però, c'è un'altra motivazione, che ritengo più importante e che sicuramente mi sta più a cuore. L'Europa deve restare unita perché una Nazione Europea sta già nascendo. Magari è solamente una mia impressione, ma penso che già da qualche secolo le singole culture nazionali abbiano intrapreso un processo di mutua contaminazione che porta a renderle sempre meno distinguibili l'una dall'altra. In ambito artistico all'inizio del Novecento l'Europa ha assistito alla nascita delle grandi avanguardie, sorte indistintamente in Francia (soprattutto), Italia, Spagna, Germania e Russia. Già il fenomeno dell'Art Nouveau, che ha interessato tutto il continente, aveva anticipato questa tendenza, di cui difficilmente abbiamo esempi precedenti. In ambito letterario, poi, le mutue influenze sono già considerevoli con il Romanticismo, che infatti pur delineandosi in modo peculiare in ogni singolo Paese è un fenomeno che interessa tutto il continente, e diventano fondamentali nel Novecento, quando abbiamo un Joyce che insegna Inglese a uno Svevo, in quel di Trieste. In ambito filosofico invece già nel Settecento abbiamo l'Illuminismo che dalla Francia dilaga in tutta l'Europa occidentale (meno l'Inghilterra, ok, ma non ignoriamo l'influenza avuta dall'Inglese Hume sull'illuminista Kant, per non parlare del peso in Europa del pensiero liberale di Locke), segue poi la grande filosofia tedesca che getta le basi di buona parte della futura filosofia europea, per non dire occidentale.
Ma perché vi dico tutto questo? Perché, se ci pensate, la Nazione Italia ha le sue radici proprio nella nascita di una cultura italiana, nascita che inizia nel Quattrocento per poi completarsi nel secolo successivo, a cui poi con molti travagli è seguita l'unificazione politica. Credo che in ambito europeo possa accadere lo stesso. Certo ci saranno notevoli difficoltà: così come è accaduto in Italia, una cultura unica "alta" nasce sempre molto prima di quanto non faccia una cultura popolare comune e per esempio, così come in Italia, le diversità linguistiche costituiscono e costituiranno un problema notevole. Tuttavia, credo che l'Unione Europea sia una strada da proseguire, poiché Europei lo siamo già, che ci piaccia o no.
Che nascano quindi, con i dovuti tempi, gli Stati Uniti d'Europa.

Ok, concludo qui il mio post. Ho attinto il più possibile alla mia scarsa cultura e mi sono sforzato di dire cose intelligenti, nel caso non ci sia riuscito vi chiedo scusa, ho fatto del mio meglio.
Voglio solo precisare una cosa. Nel mio articolo ho usato più volte la parola "nazione", spero sia chiaro che va intesa secondo il significato che aveva nell'Ottocento (opportunamente aggiornato), non secondo quello tragico del secolo successivo.

E ora, vi saluto, amici europei, e mi metto a studiare un po' l'Inglese. Avere un blog "internazionale" non mi dispiacerebbe affatto.




Nota aggiunta il 5/3/2012
Sul blog di Beppe Grillo è comparso oggi un intervento fortemente antieuropeista, guarda caso esattamente il giorno dopo la pubblicazione del mio articolo, qui sopra. Certamente è soltanto una coincidenza, non sia mai che Beppe Grillo in persona voglia boicottare la riVoluzione che stiamo portando avanti, anzi, non-avanti. Certamente non è un tentativo di delegittimarci, il suo, pubblicando un articolo ESATTAMENTE opposto al mio ESATTAMENTE il giorno dopo. Ma quando mai.
No, tranquilli, non sono impazzito, sto solo scherzando: mi si è offerta quest'occasione di scimmiottare Grillo e le sue paranoie e non ho saputo resistere. Sono le piccole debolezze di un piccolo blogger.
Io però se scrivo frase come questa lo faccio per scherzare, lui no. Però, infondo, risulta quasi divertente.