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giovedì 27 ottobre 2011

Cosa rimarrà: cosa ricorderanno dell'era berlusconiana

Forse questa è la volta buona, potrebbe essere l'ultimo Governo Berlusconi, il penultimo ad esser pessimisti (ma non troppo), e poi questo troppo lungo ventennio sarà finito e l'Italia si ritroverà più o meno come si era lasciata nel '92, con gli stessi problemi, solo un po' più corrotta e incattivita.
Tra cinquant'anni, però, o anche cento, cosa rimarrà di tutto questo sui libri di storia? Non parlo dei grandi ragionamenti e dei dibattiti degli storici, mi riferisco più a quegli episodi salienti che sintetizzano un'intera epoca, ne mostrano uno spaccato. Personalmente, tra i molti episodi che potrebbero svolgere questo compito, ne identifico tre in particolare che evidenziano ciascuno un aspetto peculiare dell'era politica in cui abbiamo vissuto.
Il primo è l'editto bulgaro. Il 18 aprile 2002, nel corso di una conferenza stampa a seguito di una visita ufficiale a Sofia, Berlusconi dichiarò che "l'uso che Biagi, Santoro e Luttazzi hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso e io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza (quella nominata dal suo Governo) di non permettere più che questo avvenga". Pochi mesi dopo Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi non lavoravano più in Rai e i loro programmi venivano sostituiti da altri, con ascolti molto ridotti; Biagi e Santoro poterono tornare a lavorare per l'azienda pubblica solo con il Governo Prodi. Credo che se qualcuno volesse identificare una "marcia su Roma" berlusconiana dovrebbe guardare proprio a questo evento: Berlusconi mise le proprie mani su tutta la televisione italiana, chiarì che non avrebbe più tollerato opinioni critiche contro di lui. Dall'editto, infatti, per anni più nessuno osò fare satira su Berlusconi, né in Rai né in Mediaset.
L'editto bulgaro però è un fatto rilevante anche per un altro motivo. Ho già scritto che i programmi vennero sostituiti con altri di successo molto più ridotto e questo non è un elemento trascurabile: a prendere la decisione fu una dirigenza nominata dal Governo del proprietario di Mediaset, diretta concorrente della Rai. La conseguenza infatti fu che il programma preserale Striscia la Notizia, nella stessa fascia oraria di quello di Biagi e di quello di Luttazzi, ottenne un record di ascolti e la Rai negli anni successivi visse uno dei periodi peggiori della propria storia, con conseguente arricchimento di Mediaset e del suo proprietario Presidente del Consiglio.
Il secondo tra gli episodi più salienti dell'era berlusconiana è il caso Brancher. Aldo Brancher è un uomo politico italiano, di classe '43, che dopo una breve carriera ecclesiastica e come collaboratore di Famiglia Cristiana venne nel '82 assunto in Fininvest. Negli anni Novanta fu coinvolto in Tangentopoli e accusato di falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti (il primo reato fu poi depenalizzato da Berlusconi, mentre la seconda accusa finì in prescrizione), poi fu coinvolto nello scandalo Antonveneta con l'accusa di ricettazione e appropriazione indebita e per questo motivo la sua carriera politica, iniziata nel '99 tra le fila di Forza Italia, nel giugno 2010 raggiunse il suo vertice con la nomina a ministro. La sua stessa nomina era stata in verità molto travagliata: inizialmente Berlusconi, in calo di consensi, decise di strizzare l'occhio all'elettorato leghista annunciando di voler nominare Brancher Ministro all'attuazione del federalismo, fatto che scatenò molte polemiche: oltre alla perplessità destata dalle accuse pendenti sul politico, si fece notare che già esistevano sia il Ministro all'attuazione del programma sia quello al federalismo, in specie Umberto Bossi. Proprio Bossi infatti alzò la voce, temendo di veder sminuire il proprio ruolo di Ministro, e così Berlusconi, dopo aver negato di voler promuovere Brancher per salvarlo dal processo, decise di assegnargli il fondamentale Ministero per la Sussidiarietà ed il Decentramento, creato ad hoc per l'occasione (pare che quando chiesero a Brancher quali erano i compiti di questo suo nuovo ministero, egli rispose "non lo so"). Così Brancher venne nominato ministro il 18 giugno 2010 e cinque giorni dopo la nomina ad un giornalista che gli chiedeva se si sarebbe presentato in tribunale rispose dicendo "ora penso a lavorare", dichiarando quindi che avrebbe usufruito del legittimo impedimento. Fortunatamente, questa vicenda si è conclusa in breve tempo: la scelta di Brancher di evitare il processo (che è poi il motivo per cui lo hanno fatto ministro) provocò una reazione di sdegno anche all'interno della maggioranza, specie tra i Leghisti che temevano di perdere voti seguendo Berlusconi sulla via dell'impunità, e causò anche una forte opposizione del Capo dello Stato Napolitano, che mise in dubbio la legittimità dell'impedimento. Così meno di tre settimane dopo la nomina il neo-ministro fu costretto a dimettersi, per poi venire condannato in primo grado a due anni di reclusione e 4000 euro di multa. La vicenda però resta esemplare, poiché ben descrive lo scadere delle istituzioni nell'era berlusconiana e l'uso della nomina a cariche pubbliche come "favore personale" del capo a sottoposti ed amici, slegandola del tutto da merito o competenze (non servono competenze, infondo, in un ministero inutile). Il caso Brancher è dunque testimonianza del progressivo svilimento delle istituzioni e degli uomini che le presiedono, nominati soltanto in virtù delle proprie amicizie personali oppure della propria fedeltà al leader di turno. Così ogni autonomia finisce con lo sparire e una carica pubblica diventa semplice strumento nelle mani del Presidente del Consiglio.
Infine, l'ultimo episodio rilevante dell'era berlusconiana di cui voglio parlare sono le risate di Sarkozy e della Merkel al summit europeo dell 23 ottobre 2011. Dopo che a Bruxelles i Primi Ministri e i Presidenti dell'Unione Europea avevano discusso di economia, durante la conferenza stampa un giornalista chiese ai due leader se "il premier italiano vi ha rassicurato sui provvedimenti che prenderà il suo governo". Sarkozy sorrise e sembrò non saper cosa dire, poi si voltò verso Angela Merkel e i due si misero a ridere. Infine, il Presidente francese rispose di aver fiducia nel senso di responsabilità delle autorità italiane (senza più nominare Silvio). Si noti che le risate non erano rivolte all'Italia: il giornalista non ha fatto domande sull'Italia ma su Berlusconi ed è quindi di lui che i due principali leader europei ridevano, a riprova della credibilità internazionale pressoché nulla di questo Governo e del suo leader.
Credo che se il Governo cadesse domani questi sarebbero i tre momenti presenti in ogni libro di storia e citati in ogni resoconto di questi tristi anni Duemila, che si stanno prolungando ormai troppo e che ci auguriamo finiscano presto, prima che io debba aggiungere ulteriori episodi a questo mio elenco.

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